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Il fondo arabo Aabar punta a crescere nel capitale Unicredit

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Abu Dhabi passerà dal 4,99% al 6,5% Al Qubaisi: restiamo azionisti significativi

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L'interessedei Paesi mediorientali per una delle più grandi banche italiane non è mai mancato. Nell'attuale azionariato sono infatti presenti oltre al governo libico anche i paesi del Golfo. La cui presenza nel capitale della banca è destinata a salire dopo l'aumento di capitale da 7,5 miliardi che la banca ha avviato e che si concluderà entro la fine di gennaio, Aabar, il fondo sovrano di Abu Dhabi entrato nell'azionariato di Piazza Cordusio con l'aumento del 2009, punta, alla conclusione della maxi ricapitalizzazione dopo una serie di operazioni per l'acquisto di diritti di sottoscrizione, a salire dall'attuale 4,99% al 6,5% del capitale. «Intendiamo partecipare all'aumento di capitale e sostenere attivamente la società e il suo management nel futuro», sottolinea, in una nota, il presidente Khadem Al Qubaisi, spiegando anche che Aabar intende «rimanere uno degli azionisti più significativi» della banca. L'annuncio ha dato nuovo slancio in Borsa al titolo (+2,8% a 3,01 euro), con i diritti che sono volati a +12,3% (1,93 euro). Al Qubaisi, nell'illustrare la strategia del fondo, evidenzia in particolare che Abu Dhabi crede «nel valore intrinseco della banca e nella sua rilevanza nel contesto italiano ed europeo». Tanto che «quest'ulteriore investimento in UniCredit ribadisce il nostro supporto all'azienda e alla sua dirigenza per affrontare con successo le attuali incertezze di mercato». Il presidente di Aabar sottolinea poi che «è nostra convinzione che il successo dell'operazione aiuterà a rafforzare la struttura del patrimonio» di Piazza Cordusio, «e determinerà migliori prospettive per il futuro». Una boccata d'ossigeno per Unicredit e lo stesso a.d, Federico Ghizzoni che ieri, insieme al vice presidente Fabrizio Palenzona, è stato, tra l'altro, ricevuto al Quirinale dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano. La mossa di Aabar potrebbe aprire nuovi scenari all'interno dell'azionariato della banca, anche alla luce del fatto che buona parte delle Fondazioni bancarie, soci storici della banca italiana, sarà costretta a diluirsi per prendere parte al maxi-aumento. Proprio in tal senso è recente la limatura della quota da parte di Carimonte. L'ente guidato da Gianluigi Serafini, che detiene una partecipazione del 2,9%, ha condotto per finanziarsi e partecipare alla ricapitalizzazione un'operazione di prestito titoli sull'1,6%, restando titolare come diretta proprietà sul restante 1,3%. Pur tenendo conto, dunque, che lo statuto di Unicredit limita al 5% il diritto di voto in assemblea (al di là delle azioni detenute), cresce comunque il peso specifico del fronte arabo e, in particolare, di Abu Dhabi. Il fondo, con la mossa annunciata ieri, ha evidenti possibilità di diventare il primo socio dell'istituto e, quindi, di essere tra i referenti principali sui nodi prioritari della banca, che in primavera dovrà rinnovare anche il consiglio di amministrazione e vertice. Sull'aumento di capitale in corso di sottoscrizione resta ancora la polemica sollevata dalla Lega Nord sulle indicazioni riportate dalla banca sul prospetto informativo. «Sono curioso di sapere se Ghizzoni e Palenzona hanno fatto leggere a Napolitano il prospetto informativo per l'aumento di capitale in cui la banca mette in guardia dall'aggravarsi del debito sovrano e la possibile uscita dall'Euro» ha spiegato ieri il senatore della Lega Nord Massimo Garavaglia, vicepresidente della Commissione Bilancio del Senato. Due giorni fa Garavaglia ha denunciato alla stampa come a pag. 66 del prospetto, nella sezione fattori di rischio, Unicredit contempli l'uscita dalla zona euro.

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