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La previdenza complementare non decolla

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Afine 2010 le adesioni ai fondi pensione ammontavano a 5,3 milioni, pari al 23% della platea di riferimento. Nel primo trimestre del 2011 sono cresciute solo dell'1,3%. I rendimenti delle forme pensionistiche complementari nel 2010 e nel primo trimestre 2011 sono risultati positivi: le perdite subite nel 2008 sono state «sostanzialmente recuperate». È quanto emerge dalla relazione 2010 della Covip (la Commissione Vigilanza Fondi Pensione), presentata dal presidente Antonio Finocchiaro. Per la Covip «la riforma fiscale potrebbe essere l'occasione per riconfigurare l'incidenza fiscale sui fondi pensione in modo da incentivare le adesioni». «Il ritorno a tassi di crescita soddisfacenti costituisce la premessa indispensabile per salvaguardare l'obiettivo primario di un sistema pensionistico: assicurare a coloro che si ritirano dal lavoro mezzi adeguati ai bisogni», ha affermato Finocchiaro, spiegando che «nel 2010 l'economia italiana ha segnato una lenta ripresa ma i risultati in termini occupazionali tardano a manifestarsi. L'uscita dalla crisi del 2008 appare piuttosto faticosa». «La sostanziale stagnazione della produttività e la limitata competitività costituiscono - ha sottolineato Finocchiaro - le principali cause del basso tasso di crescita della nostra economia. Tutto ciò rende difficoltoso lo sviluppo del secondo pilastro previdenziale». I fondi pensione negoziali restano la forma pensionistica con il maggior numero di iscritti, circa 2 milioni, in prevalenza lavoratori dipendenti del settore privato. Ai fondi aperti aderiscono circa 850 mila persone. La flessione dei redditi delle famiglie ha determinato numerose sospensioni dei versamenti contributivi: dalle 840 mila del 2009 a 1 milione alla fine del 2010, di queste 170 mila (140 mila nel 2009) riguardano titolari di posizioni nulle, fondi aperti. L'adesione dei dipendenti pubblici continua a essere poco rilevante: circa il 4% della base di riferimento. Il ministro del Welfare Maurizio Sacconi ha affermato che «è possibile razionalizzare le agevolazioni fiscali, senza oneri per lo Stato e l'occasione giusta per porvi mano potrà essere la futura riforma del fisco».

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