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Al tavolo di Torino arriva una Fiat attendista

L'ad Fiat Sergio Marchionne

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Nessuna intenzione di chiudere lo stabilimento di Mirafiori. Massima disponibilità a trovare soluzioni. Ma nulla di più su investimenti e modelli che la Fiat produrrà nel sito storico torinese. Le strategie di sviluppo sono infatti in divenire ed è ancora difficile stabilire cosa si farà nel futuro. Secondo le indiscrezioni raccolte da Il Tempo sarà questa la linea che il Lingotto terrà nell'incontro fissato dopodomani presso la sede della regione Piemonte e al quale parteciperanno i sindacati, il governatore Roberto Cota, l'azienda e il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi. Che ha invece un'altra idea. E cioè strappare al Lingotto l'impegno per la saturazione di tutti gli impianti nazionali e quello per assicurare un futuro a Pomigliano. Insomma la linea dell'esecutivo e delle istituzioni è chiara: l'azienda torinese che punta sempre più ad una dimensione internazionale «non penalizzi le fabbriche italiane», ha chiesto Sacconi ottimista su una soluzione positiva. Molte sono le perplessità nei corridoi dell'azienda di Torino sul tavolo di mercoledì. In primo luogo la sede, il palazzo della Regione, che lo rende un confronto limitato ai confini del Piemonte e dunque molto stretto rispetto alla strategia di un'azienda che ha ormai un profilo e decisioni internazionalizzate. Poi gli interlocutori. In particolare il ministro che è quello del lavoro con deleghe per la gestione del profilo occupazionale in caso di esuberi e non per la definizione delle politiche industriali. Un compito che spetterebbe al ministro dello Sviluppo Economico, e dunque a Berlusconi, oppure al successore che dovrebbe essere nominato proprio questa settimana. Perplessità non indifferenti se si considera che sul piatto, come detto, non c'è solo la questione di Mirafiori e del trasferimento della nuova monovolume L0 nello stabilimento serbo di Kragujevac, per un investimento da un miliardo di euro, di cui, appunto, 250 milioni da Belgrado e 400 milioni dalla Bei. C'è anche Pomigliano, per il quale si è tornato a parlare dell'ipotesi di una newco rilanciata anche nel fine settimana. Le indiscrezioni parlano anche dell'uscita della Fiat da Federmeccanica e quindi da Confindustria per dare vita, dopo il 2012, ad un nuovo contratto nazionale per il solo settore auto, svincolato da quello dei metalmeccanici. Ipotesi che vengono respinte dal fronte sindacale. «Se qualche sindacato confederale italiano dovesse accettare o solo non contrastarle dovrebbe essere immediatamente espulso dalla Confederazione sindacale europea», ha detto Giorgio Cremaschi della Fiom. Ieri sul tema caldo della Fiat si è espresso anche il ministro delle Riforme, Umberto Bossi, che ha evidenziato il ruolo anche di Belgrado: «Non penso che la decisione di delocalizzare la produzione Fiat sia una cosa improvvisa, l'ad Marchionne l'avrà studiata bene e il governo serbo gli dà i soldi», ha affermato il leader della Lega.

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