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A Pomigliano si teme il sabotaggio della Fiom

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Lapaura dei vertici dell'azienda e del ministro del lavoro Maurizio Sacconi è che la Fiom, contraria al piano di Marchionne, possa rompere gli equilibri già precari nei capannoni del «Giambattista Vico». Scioperi, manifestazioni, contestazioni porterebbero un clima pesante tra gli operai, e potrebbero rendere molto più costoso l'investimento da 700 milioni di euro che il Lingotto ha pianificato per riportare in provincia di Napoli la produzione della nuova Panda. Per questo alla Fiat sarebbero disposti anche a dare maggiori garanzie ai lavoratori che più avevano contestato le condizioni imposte da Marchionne. I dirigenti di Torino vorrebbero scrivere un protocollo aggiuntivo per chiarire meglio le parti più scottanti dell'intesa: in particolare quelle che riguardano i turni di lavoro, le limitazioni agli scioperi e le regole più severe sulle assenze per malattia. E potrebbero anche rassicurare i dipendenti di Pomigliano sulla loro intenzione di investire davvero. La Fiat e il governo insomma sembrerebbero essersi convinti che, se vogliono far funzionare l'accordo, non possono mettere alla porta la Cgil. Un'idea condivisa dal segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, che ha detto: è necessario «tentare di ricucire» lo strappo con la Fiom. E dal presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, per la quale «La Cgil è un grande sindacato, non può rimanere a guardare». Mentre a parlare da solo questa volta è Luigi Angeletti, della Uil, che ha ribadito il suo sì al piano chiedendo invece che il governo anche attraverso aiuti fiscali consenta all'investimento di diventare davvero produttivo.

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