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Eredità Agnelli, l'ira di Elkann

John Elkann

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È stato in silenzio per lungo tempo. Rispettando in la consegna del basso profilo che la sua dinastia, gli Agnelli, ha sempre osservato nelle questioni attinenti al patrimonio familiare. Ieri però non ce l'ha fatta a mantenere la calma. E forse per la prima volta da quando il nonno Gianni Agnelli lo ha designato erede unico del regno Fiat, Yaki Elkann, ha abbandonato la sua impassibilità e digrignato i denti. Le vicende ereditarie innescate dalle pretese della madre Margherita a cui si sono sovrapposte le indagini fiscali dell'Agenzia delle Entrate sul patrimonio dell'Avvocato gli hanno fatto perdere la pazienza: «Sono indignato, e mi rendo conto di non essere l'unico, per le strumentalizzazioni e le manipolazioni, per la violenza delle parole e le falsità su mio nonno Gianni Agnelli», ha detto il vicepresidente della Fiat a margine dell'inaugurazione della Scuola di Alta Formazione al Management a Torino. Uno scatto di nervi seguito da un messaggio chiaro. «Tutte queste vicende vanno affrontate nelle sedi adeguate e non sui media» ha affermato escludendo con decisione che ci possa essere alcuna ripercussione sulla Fiat. «A noi - ha concluso - spetta il futuro». Alla cerimonia erano presenti anche Gianluigi Gabetti, presidente d'onore di Exor la holding finanziaria e l'avvocato Franzo Grande Stevens, contro i quali Margherita De Phalen, ha avviato nel 2007 l'azione legale. «John non ha bisogno dei miei consigli. La sua posizione di potere - ha detto Gabetti - non è in discussione, è il leader del gruppo e lo resterà. La famiglia è unita». A fianco del vicepresidente della Fiat si schierato Marco Tronchetti Provera che ha spiegato che «le strumentalizzazioni non possono che creare dolore e sdegno». Solidale anche l'ad di Unicredit, Alessandro Profumo: «Mi addolora che una figura che ha svolto un ruolo chiave nello sviluppo del nostro Paese come Gianni Agnelli, sia da tempo sotto i riflettori per vicende private».

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