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Crisi, Draghi: "Pil a -5% nel 2009"

Il governatore Mario Draghi

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Il governatore di Bankitalia Mario Draghi intravede segnali incoraggianti rispetto alla crisi finanziaria in atto. Fra le linee d'azione che indica nelle sue Considerazioni Finali all'assemblea annuale dell'istituto, le riforme strutturali e la tenuta dei conti pubblici. La crisi in Italia determinerà però una caduta del pil di circa il 5% nel 2009. Secondo Bankitalia, i lavoratori in cassa integrazione e chi cerca occupazione, oggi pari all'8,5% della forza lavoro, potrebbero salire oltre il 10%. L'operare degli stabilizzatori automatici dovrebbe accrescere il deficit nell'anno in corso a oltre il 4,5%; nel 2010 il disavanzo potrebbe superare il 5%. Un Pil in caduta di «circa il 5 per cento» e che tra ottobre 2008 e marzo 2009 ha lasciato sul terreno «oltre 7 punti percentuali rispetto al trimestre precedente». Un deficit che quest'anno si accresce «di circa due punti, a oltre il 4,5%» e che «potrebbe superare il 5% nel 2010». Il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi snocciola i dati di crescita e conti pubblici. Punta l'indice sulla crescita del debito e richiama a interventi rapidi, con tagli di spesa da fare «subito» e contrasto all'evasione fiscale che «consentirebbero di ridurre aliquote legali», far calare le tasse, «diminuendo distorsioni e ingiustizie». L'analisi economica parte dalle ripercussioni della crisi in Italia. L'economia, che si è contratta di un punto nel 2008, «secondo le previsioni più aggiornate» segnerà quest'anno «una caduta di circa il 5%». Ma si vede la luce in fondo al tunnel? «I recenti segnali di un affievolimento della fase più acuta della recessione - spiega Draghi - provengono dai mercati finanziari e dai sondaggi d'opinione, più che dalle statistiche finora disponibili sull'economia reale». A livello internazione «non è ancora possibile individuare con certezza una definitiva inversione ciclica: si prevede che la crescita riprenderà nel 2010». I riflessi sui conti pubblici sono immediati. A partire dalle tasse pagate. «Nel 2008 il gettito dell'Iva è diminuito dell'1,5% a fronte di una crescita dei consumi del 2,3% anche per effetto dello spostamento di questi verso beni essenziali ad aliquota più bassa», dice Draghi con una immagine che ben fotografa i morsi della crisi. Il 2009 non è meglio. «Nei primi 4 mesi l'Iva riscossa è stata inferiore del 10% rispetto al corrispondente periodo dell'anno precedente. L'Ires, scesa di oltre il 9 per cento nel 2008, potrebbe flettere in misura ancora maggiore nell'anno in corso. Oggi solo il gettito dell'Irpef tiene». E la spesa? Quella primaria «ha già toccato il valore massimo dal dopoguerra» e «salirà di 3 punti percentuali nel 2009. Supererà largamente il 50% del Pil. Ecco allora che il deficit pubblico volerà quest'anno oltre il 4,5% e punta verso il 5% nel 2010. Così, anche senza considerare interventi di sostegno all'economia, "il peso del debito sul prodotto sarà comunque molto aumentato, riportandosi ai livelli dei primi anni Novanta". Draghi non indica valori, ma quelli sono gli anni nei quali il debito dal 105,20 del Pil del 1992, balzò al record di 121,94 del 1994. Draghi non nasconde i suoi timori: La fine della crisi troverà l'Italia più debole e "se dovessimo limitarci a tornare su un sentiero di bassa crescita (...) sarebbe arduo riassorbire il debito pubblico". Bisogna allora agire su due fronti: riequilibrio conti e riforme. »Le misure di riduzione della spesa corrente - spiega Draghi - vanno introdotte nella legislazione subito, anche se con effetti differiti, senza rinvii a ulteriori atti normativi e a decisioni amministrative«. In questo capitolo entrano »il graduale incremento dell'età media effettiva di pensionamento« e un'attenta attuazione del federalismo fiscale. »Molto ci si aspetta dalla progettata riforma della Pa« e dalla semplificazione degli adempimenti burocratici. Anche perchè »semplificazione normativa ed efficacia dell'azione pubblica sono condizioni necessarie per ridurre il peso dell'economia irregolare, stimato di più del 15% dell'attività economica«. È questo il capitolo della lotta all'evasione, del sommerso che vale il 15% dell'economia italiana. "L'occultamento di una parte considerevole delle basi imponibili - afferma Draghi - che riduce la competitività di larga parte delle imprese, determina iniquità e disarticola il tessuto sociale. Progressi nel contrasto delle attività irregolari consentirebbero di ridurre le aliquote legali, diminuendo distorsioni e ingiustizie". Come dire: la lotta contro l'evasione potrebbe portare più equità ed anche ridurre le tasse a chi, proprio per colpa di chi non le versa ne paga troppe.

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