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Bush in campo per Freddie - Fannie

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Questa è la conseguenza indiretta del fallimento della sua «ownership society», la filosofia della promozione della proprietà che ha spinto numerosi americani ad indebitarsi per acquistare casa e le banche a prestare valanghe di denaro senza fare molto caso alla solidità finanziaria dei debitori. Valutando i "rischi inaccettabili" per l'economia, l'amministrazione Bush ha fatto irruzione nella campagna elettorale con il commissariamento delle agenzie semipubbliche di prestiti ipotecari Freddie Mac e Fannie Mae a rischio di fallimento. La decisione federale è stata presa perché "i rischi per l'economia erano inaccettabili", ha detto il presidente George W. Bush dopo l'annuncio che ha posto una pesante ipoteca sui margini di manovra del suo successore alla Casa Bianca. Calato il sipario sul teatrino repubblicano di St. Paul, il ministro del Tesoro Henry Paulson ha approfittato della prima domenica utile per rivelare le grandi linee della più costosa operazione di salvataggio del settore privato finanziata dai contribuenti: un pacchetto da decine di miliardi di dollari "fortemente appoggiato" dal capo della Fed Ben Bernanke con cui la manovra era stata concertata. "Fannie Mae e Freddie Mac sono così vasti e così interconnessi nel nostro sistema finanziario che un fallimento dell'uno o dell'altro provocherebbe una grande tempesta nei mercati finanziari qui in patria e in tutto il mondo", ha detto Paulson, un ex di Goldman Sachs, citando i tasselli del sogno americano che il crollo di Freddie o di Fannie avrebbero mandato in fumo: oltre la casa, l'auto, il college, per non parlare dell'effetto domino sui bilanci familiari e le pensioni. "Un fallimento sarebbe un danno per la crescita e l'occupazione", ha detto il ministro del Tesoro che ha indicato in fino a 200 miliardi di dollari le iniezioni di fondi governativi nelle due società sotto forma di acquisto di azioni privilegiate, non però quanto in tasse l'intervento di salvataggio ricadrà sui contribuenti. I pilastri delle misure anti-crack segnano la seconda volta in pochi mesi che l'amministrazione Bush interviene a sostegno del sistema: prova che perfino nella patria del libero mercato e per un team liberista come quello della Casa Bianca non c'è alternativa a un sempre maggior intreccio tra stato e finanza. Lo scorso marzo il presidente della Fed Ben Bernanke aveva annunciato il salvataggio di Bear Stearns, di concerto con il Tesoro. In luglio le difficoltà di Fannie e Freddie e la loro debolezza avevano spinto l'amministrazione americana a varare un piano di emergenza, presentato come il più innovativo degli ultimi 20 anni. I candidati alla Casa Bianca erano stati informati alla vigilia dell'annuncio: Paulson aveva conferito ieri direttamente con il democratico Barack Obama e contattato lo staff del rivale John McCain. Il tesoro aveva discusso il piano anche con i leader del Congresso, la Speaker della Camera Nancy Pelosi e il capo della maggioranza al Senato Harry Reid, oltre ai presidenti delle commissioni finanziarie competenti che nelle prossime settimane devono dare via libera al piano-casa. Sia Obama che McCain, potenziali diretti interessati perché tra quattro mesi uno dei due dovrà fare i conti con questo altro pezzo dell'eredità di Bush, si sono trovati d'accordo sul fatto che un intervento era necessario: 'E' un passo nella giusta direzione e dobbiamo proteggere i contribuenti", ha detto McCain attraverso la collaboratrice economica Nancy Pfotehauer, mentre un altro consigliere economico, Douglas Holtz-Eakin ha spezzato una lancia per una privatizzazione delle due agenzie "in modo che le loro dimensioni non rappresentino più una minaccia". Quanto a Obama, il salvataggio era indispensabile per prevenire una più grave crisi economica. "Dato il ruolo sostanziale di Fannie e Freddie nel sistema della casa, è necessario un qualche tipo di intervento per prevenire una crisi più vasta e più profonda della nostra intera economia", ha detto Obama, che si è ripromesso di "studiare il piano del Tesoro nei dettagli e monitorarne l'impatto per capire se raggiunge gli obiettivi necessari a affrontare la crisi". MILANO - Il rimbalzo in apertura, sulla scia di tutti i mercati europei, segue le nettissime perdite accusate negli ultimi giorni della scorsa settimana e l'intervento del Tesoro statunitense per il salvataggio di Fannie Mae e Freddie Mac. L'euforia dell'avvio e' confermata nelle primissime contrattazioni, con l'indice Mibtel che cresce del 3,02% e lo S&P/Mib del 3,63%. Tra i titoli principali, l'incremento maggiore e' registrato da Mediolanum (+7,58%), seguita da Banca popolare di Milano (+5,63%) e Unicredit (+5,53%). Molto bene anche Mediobanca e Fiat, che aumentano rispettivamente del 4,53% e del 4,41%. Sulla stessa linea Telecom Italia (+4,24%), cosi' come Generali (+3,33%). Leggermente piu' cauta Eni (+2,22%) dopo l'annuncio dell'acquisizione della canadese First Calgary, ma tutti i titoli del settore energia partecipano in mondo meno evidente al boom di apertura della Borsa di Milano. In rialzo anche tutte le altre borse europee: l'indice Ftse-100 a Londra guadagna il 2,51% a 5372,20 punti, a Parigi l'indice Cac guadagna il 4,31% a 4377,67 punti, l'indice Dax a Francoforte guadagna il 2,88% a 6301,99 punti.   Per quanto riguarda i mercati asiatici, questi mercati ritenevano Fannie Mae e Freddie Mac troppo compromesse perche' potessero salvarsi da sole: ora c'e' piu' fiducia''. Risultato: a Tokio i gruppi finanziari hanno messo a segno rialzi improvvisi, come Sumitomo (+15,21%), la Bank of Yokohama (+14,23%) o la societa' finanziaria Mitsubishi (+13,33%). Bene le assicurazioni, ma anche le grosse societa' industriali hanno registrato recuperi consistenti: Nippon steel e' aumentata del 7,16%, Sanyo del 6,67%, Isuzu del 6,50%. A Sidney i rally maggiori hanno interessato i gruppi dell'energia e delle materie prime (con l'esempio della Queensland gas company schizzata del 30,08%), mentre a Singapore i gruppi Wilmar e Olam crescono rispettivamente dell'8,76% e del 7,37%. A Seul recuperi diffusi soprattutto nel comparto dell'elettronica e dell'industria.

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