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Cantieri senza fine per colpa dei contenziosi

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L'Authority dei lavori pubblici: troppe guerre legali tra imprese fanno slittare la consegna delle opere

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I lavori in perenne ritardo, i cantieri che rimangono aperti in eterno e le opere incomplete, sono da addebitare anche alla scarsa efficienza delle imprese appaltatrici. È quanto ha sottolineato ieri l'Autorità di vigilanza del settore nella sua relazione annuale. Insomma più che in termini di costi, i lavori pubblici presentano carenze soprattutto sui tempi. L'Autorità ha esaminato oltre 15.387 casi: lo scostamento dei costi rispetto a quelli previsti dal contratto è infatti appena del 6,2%, mentre la differenza tra la data effettiva di fine dei lavori e quella contrattualmente prevista è invece di ben il 61,8%. Come a dire che, nel caso di una conclusione di lavori prevista entro un anno, il cantiere non risulta in media chiuso prima di 19-20 mesi. Nella netta maggioranza dei casi (il 64%), ha spiegato l'Autorità nella sua relazione, i tempi di esecuzione si allungano di oltre il 20%. «Ciò evidenzia che le stazioni appaltanti prestano maggior attenzione al rispetto dei parametri di efficienza finanziaria, piuttosto che al rispetto dei tempi di esecuzione preventivati», ha sottolineato l'Authority. I ritardi, ha affermato il presidente Alfonso Maria Rossi Brigante, sono dovuti all'assenza di proporzione tra la programmazione dei progetti e le risorse effettivamente disponibili, ma anche al fatto che le imprese, in base al sistema di aggiudicazione attuale, vincono le gare puntando sui maggiori ribassi e poi «cercano di recuperare in fase di esecuzione». Ciò comporta il tentativo di modificare il progetto di base e, a volte, l'apertura di un contenzioso con le amministrazioni appaltanti. «Tutto ciò porta a un diradamento dei tempi», spiega Rossi Brigante. «Le amministrazioni dovrebbero essere più forti e più competenti delle imprese e dei concessionari che invece sono, in generale, più agguerriti dei concedenti». Gli interventi in cui i tempi non vengono rispettati sono più di due terzi dei casi esaminati, 11.755 sugli oltre 15.000 finiti sotto la lente dell'organismo di vigilanza. Tra questi gli scostamenti rispetto alle date contrattuali variano dal 51,3% al 96,9%. Tartarughe sono soprattutto le opere di urbanizzazione e le infrastrutture per l'agricoltura e per la pesca: settori in cui in media «l'ultimazione dell'opera ha richiesto tempi pari a quasi due volte rispetto a quanto inizialmente previsto». Ma meglio non va neanche per le strade (lo scostamento è di circa il 91%) e per le opere di protezione dell'ambiente, di difesa del suolo, risorse idriche (ritardi del 91,9%). Gli scostamenti più contenuti riguardano invece le telecomunicazioni e tecnologie informatiche (51,3%) e l'edilizia abitativa (55,7%).

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