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di FABIO PANDOLFINI I LAVORATORI della centrale Enel di Civitavecchia sul piede di guerra.

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Queste le due iniziative che si sono svolte ieri mattina davanti ai cancelli della centrale di Torre Valdaliga Nord per sollecitare una soluzione alla crisi occupazionale. Crisi seguita al blocco delle opere a mare finalizzate alla riconversione a carbone dell'impianto, in conseguenza dell'ordinanza del governatore del Lazio Piero Marrazzo. Sono duemila i lavoratori che minacciano lo stop a oltranza, qualora il Presidente della Regione Marrazzo, non conceda loro un incontro chiarificatore sulle nuove posizioni assunte dalla giunta e sul futuro del cantiere. Intanto è presumibile che la nuova delibera di fermo presentata lunedì, faccia slittare ancora una volta il pronunciamento del Tar del Lazio in merito all'impugnazione da parte dei vertici Enel. Sentenza attesa per domani. La decisione auspicata da più parti - dirigenza Enel, imprese committenti e lavoratori - è quella di un rapido pronunciamento con sospensione d'urgenza del blocco dei lavori, ma allo stato attuale nulla farebbe pensare a una immediata risoluzione della querelle tuttora in corso. Tante le questioni in ballo. Prima fra tutte il futuro di circa duemila operai impegnati nei lavori di riconversione della centrale da olio combustibile a carbone pulito. La seconda riguarda invece i costi, o meglio le perdite subite a seguito dello stop ai lavori. Non da ultimo, è il danno subito anche dall'indotto locale, che da anni ha convogliato risorse umane e finanziarie al fine di supportare un progetto che attualmente vanta il primato del più grande cantiere attivo in Europa, stando alle dichiarazioni dei vertici aziendali. Cifre importanti: l'intero progetto ha richiesto un investimento complessivo di 1,5 miliardi di euro, di cui il 70% a favore di imprese italiane. A febbraio di quest'anno, Enel ha già impegnato 1,15 miliardi di euro in commesse, pari al 75% del totale dell'investimento previsto.

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