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Ieri il nuovo esordio in Borsa. Grande euforia del mercato: il titolo vola sopra i 3 euro

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Parmalat

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Un successo per il grande risanatore, Enrico Bondi, ma anche per il Governo che con la nuova legge sull'amministrazione straordinaria (legge Marzano) ha saputo mettere a disposizione del commissario gli spazi necessari di manovra. Il titolo ha chiuso ieri a 3,025 euro, in forte crescita rispetto al valore nominale di un euro. Vorticosi gli scambi, con oltre 281 milioni di azioni trattate: degli 1,6 miliardi di azioni del gruppo è dunque passato di mano oltre il 17,5% del capitale. Parmalat oggi vale cinque miliardi di euro e già fa gola ad altre aziende, come Granarolo, Lactalis e Nestlè. Ieri è stata però la giornata di Bondi (in passato autore del salvataggio Ferruzzi e Montedison), che ha assistito ai primi scambi nella sede di Borsa Italiana insieme al ministro delle Attività produttive, Claudio Scajola, mentre nel pomeriggio ha incontrato più di 200 analisti. L'euforia del mercato, però, non rimargina del tutto la ferita aperta dal crack dell'azienda di Collecchio. I processi avviati a Milano e Parma contro Calisto Tanzi e company sono tuttora in corso e i creditori sono ancora alla finestra per vedere riconosciuti i loro diritti. Dalle indagini è emersa una lunga serie di presunti illeciti compiuti da chi doveva gestire la società, alcuni davvero eclatanti. Si va dalla sottrazione di fondi dell'impresa, all'utilizzo di decine di società in centri off shore dove venivano nascoste le perdite e ripuliti i bilanci. Fino ad arrivare addirittura alla artificiosa costruzione di documenti tramite fotocopie e scanner. Il risultato: un buco da 14,3 miliardi di euro e centinaia di migliaia di risparmiatori traditi. Difficile dimenticare tutto questo, ma ieri a Piazza Affari è stato premiato il lavoro di risanamento dell'azienda portato avanti in quasi due anni. Da quel 23 dicembre del 2003, quando è stato dichiarato lo stato di insolvenza, ovvero l'incapacità della Parmalat di far fronte ai propri impegni finanziari. Una dichiarazione arrivata a distanza di quattro giorni dallo scoppio dello scandalo: il 19 dicembre, infatti, Bank of America disconosce l'autenticità di un documento che attesta l'esistenza di posizioni in titoli e liquidità per quasi 4 miliardi di euro di pertinenza di Bonlat, società delle Isole Cayman del gruppo. Lo stesso giorno Standard & Poor's declassa i titoli Parmalat a default. Lo stato di insolvenza, però, ha consentito a Bondi di raggiungere vari obiettivi, senza dover dichiarare fallimento. Oltre all'ammissione del gruppo all'amministrazione straordinaria, è stato possibile congelare i debiti in attesa del piano di ristrutturazione e proseguire l'attività industriale. Adesso Parmalat «è in grado di camminare da sola», ha dichiarato Bondi. Restano però aperti numerosi interrogativi sulle responsabilità di chi avrebbe dovuto vigilare per evitare lo scandalo. Perché il consiglio di amministrazione della società non è intervenuto a frenare i comportamenti sospetti? Cosa faceva nel frattempo il collegio dei sindaci che ha il compito di vigilare sui conti e sul corretto svolgimento della gestione? E ancora: per quale motivo le società di revisione, che devono certificare i bilanci delle società, non hanno riscontrato alcuna irregolarità? C'è poi il ruolo delle banche, che hanno continuato a concedere credito per importi molto elevati a un'azienda che dava segnali di preoccupazione. Non vanno dimenticate le responsabilità delle Autorità di vigilanza, Banca d'Italia e Consob. La prima ha effettuato i previsti controlli sui grandi rischi e sull'esposizione verso i singoli clienti? La commissione presieduta da Lamberto Cardia, invece, perché non ha sollevato il problema riguardante le società di revisione? Per 15 anni sono rimaste sempre le stesse mentre la legge prevede che l'incarico dei revisori possa durare tre anni e sia rinnovabile solo una volta. Per ridare fiducia ai cittadini e a tutto il sistema, il Parlamento si era impegnato a varare la legge sulla tutela del risparmio, anda

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