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Statali, la Confindustria si mette di traverso

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Secco no all'ipotesi di aumenti sopra i 100 euro. I sindacati: «Sciopero generale più vicino»

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Firmato Confindustria. È una vera e propria frustata quella che nel primo pomeriggio di ieri si è abbattuta su Governo e sindacati, impegnati in una difficilissima trattativa. Il comunicato del Comitato di presidenza di viale dell'Astronomia irrompe quando da poco meno di mezzora è iniziato l'ennesimo vertice informale tra Letta, Siniscalco, Baccini, Alemanno e i leader di Cgil, Cisl e Uil. E sul fronte degli statali si consuma forse il primo vero e proprio scontro tra i sindacati e la Confindustria di Montezemolo. Intanto sul contratto del pubblico impiego è scontro nel governo, con la Lega che insiste per non cedere alle richieste di aumenti avanzate dai confederali. E in serata il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, ha bocciato come «irresponsabili» le proposte di Cgil, Cisl e Uil. L'altolà degli industriali. Ad agitare gli animi dei vertici confindustriali le ultime notizie sul rinnovo dei contratti pubblici, che parlano di una mediazione possibile intorno ai 100 euro di aumento. «L'idea di impegnare su un contratto risorse pubbliche che non sono oggi disponibili rappresenta un segnale fortemente negativo per il sistema economico - ha ammonito l'associazione degli industriali - con il rischio di innescare una pericolosa rincorsa nel settore privato». Chiaro il riferimento soprattutto al rinnovo del contratto dei metalmeccanici. Gli industriali si dicono convinti che seguendo la strada di aumenti superiori a quelli indicati nella Finanziaria «si creerebbero forti difficoltà alle imprese che operano in settori sempre più esposti ad una impegnativa concorrenza internazionale». Ecco perchè «nella difficile congiuntura economica che attraversiamo, ogni scelta deve essere ispirata ai criteri del rigore e dello sviluppo». «Solo così si potranno impostare strategie davvero orientate ad una crescita equilibrata, unica strada possibile per ampliare l'occupazione e sostenere in maniera non artificiosa i redditi dei lavoratori». la rabbia dei sindacati. Passano alcune ore. Le notizie dal vertice riservato tra il Governo e i leader di Cgil, Cisl e Uil non sono buone. L'intesa sembra di nuovo allontanarsi. E la rabbia dei sindacati verso l'uscita di Confindustria, in un momento così delicato, sale. «Se la trattativa salterà la colpa sarà anche di Confindustria», reagiscono dalla Cisl, ricordando che «gli aumenti salariali non servono per comprare Ferrari o Maserati, ma per vivere, comprare beni di prima necessità, pagare il mutuo». Dunque, ha sottolineato il segretario confederale Raffaele Bonanni, «non si comprende tutto questo ostracismo della Confindustria nei confronti dei rinnovi contrattuali. Se vogliamo rilanciare i consumi la prima cosa da fare è dare i giusti aumenti salariali ai lavoratori». Dura anche la reazione in casa Cgil: «Da questa Confindustria ci saremmo aspettati un ruolo più responsabile. Una Confindustria che facesse davvero squadra e si facesse davvero carico dei problemi complessivi del Paese. Assistiamo invece - ha denunciato la segretaria confederale, Marigia Maulucci - a una forza muscolare che non fa altro che alimentare tensioni e conflittualità». «Del resto - ha proseguito l'esponente della segreteria della Cgil - non è abitudine dei sindacati sfasciare i conti pubblici. Ma non possono certo essere i lavoratori a farsi carico della gravità della finanza pubblica provocata dalle politiche del Governo. E in assenza di una politica dei redditi e di una politica fiscal redistributiva i rinnovi contrattuali restano l'unica possibilità per i lavoratori di recuperare potere d'acquisto». I paletti della lega. Intanto il Carroccio invita il Governo a presentare il prossimo Dpef entro maggio e la segreteria politica spiega come «il rinnovo del contratto del pubblico impiego non possa prescindere da una decisione complessiva sulle iniziative di rilancio della politica economica con particolare riferimento al sostegno alle imprese e alla

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