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Il leader della Uil Luigi Angeletti propone di togliere le imposte dagli incrementi retributivi

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«Agli statali aumenti senza tasse»

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Sono le proposte che il segretario generale della Uil Luigi Angeletti lancia in questa intervista all'indirizzo del governo all'indomani della decisione dei sindacati di indire uno sciopero generale nel pubblico impiego per il 21 maggio a sostegno del rinnovo del contratto. Il ministro della Funzione Pubblica, Luigi Mazzella, ha definito la mobilitazione una decisione «improvvisa e inattesa». Ha anche detto che verranno fatti «calcoli rigorosi, per verificare l'effettivo fabbisogno del pubblico impiego e stabilire se le richieste del sindacato sono esatte oppure eccessive rispetto a quanto il ministero dell'Economia ha preventivato». Solo quando il quadro sarà chiaro, aggiunge il ministro, «il Governo prenderà una decisione collegiale e convocherà i sindacati». Ma questi tempi, ammonisce Angeletti, sono troppo lunghi. «Il governo deve fare sul serio la trattativa e convocarci la prossima settimana». Il rinnovo del contratto nel pubblico impiego è una questione di risorse finanziarie che non ci sono. Siete pronti a fare un passo indietro in nome della finanza pubblica? «Il governo sta cercando di prender tempo ma è una pessima politica quella del rinvio perchè il problema si aggrava. Bisogna tutelare il potere d'acquisto delle retribuzioni che devono andare al passo del carovita. Negli ultimi due anni abbiamo avuto un aumento dei prezzi e delle tariffe ingiustificato. C'è stata una ripartizione della ricchezza nazionale a svantaggio del reddito fisso e a favore del lavoro autonomo e delle imprese soprattutto quelle commerciali e della distribuzione. Rinnovare i contratti significa non solo tutelare i redditi ma fare una politica economica perchè così si rilanciano i consumi e si aiuta la ripresa». Ma lei crede che riducendo le tasse, le famiglie sono indotte a spendere di più e quindi a far ripartire i consumi? «La riduzione delle tasse è utile se fatta a vantaggio dei redditi bassi. Ecco la mia proposta: a cominciare dal nuovo contratto del pubblico impiego si potrebbero esentare dalle tasse gli aumenti salariali. Questo sì che rimetterebbe in moto i consumi. Credo che nessuno pensi seriamente che ci sia un automatismo tra riduzione delle tasse alle imprese e maggiori investimenti. Come pure non è vero che diminuendo le imposte a chi guadagna di più si rimettono in moto i consumi. Piuttosto bisogna puntare sui redditi medio bassi esentando dall'Irpef gli aumenti salariali. Cominciando proprio dal contratto del pubblico impiego. Altrimenti lavoriamo sempre per il fisco e facciamo i rinnovi a favore di Tremonti». Questo vuol dire anche cambiare la politica dei redditi e rivedere l'accordo del '93 sulla moderazione salariale? «La questione è più complessa. Bisogna rifare una politica della concertazione perchè c'è stato uno squilibrio a vantaggio del lavoro autonomo». Come va modificato il modello contrattuale? «Bisogna puntare sulla contrattazione di secondo livello che finora è stata fatta solo per un terzo dei lavoratori cioè quelli di aziende medio grandi. Il secondo livello deve essere un grande pilastro comparabile a quello nazionale. Bisogna introdurre la contrattazione territoriale lì dove manca quella aziendale». La Confindustria è ferocemente contraria. Chiederete un incontro con il nuovo presidente Luca di Montezemolo per affrontare il problema dei salari? «Appena Montezemolo avrà formalmente l'incarico di presidente della Confindustria va aperto un confronto sul modello contrattuale». Più spazio alla contrattazione territoriale vuol dire introdurre le gabbie salariali? «Niente gabbie ma aumenti in funzione della produttività. La vera cura per far ripartire l'economia è una combinazione di politiche per favorire gli investimenti privati e riprendere gli investimenbti pubblici. A questo va aggiunta la riduzione del peso fiscale sui redditi da lavoro». Ma questo si concilia poco con il rispetto dei parame

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