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Fitch Italia: mai più furbate con i rating

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Per Parmalat occorrevano tre valutazioni di merito invece c'è stata solo quella di Standard & Poor's

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Naturalmente non immediatamente, appena compilati, ma prima comunque che si verifichi un evento correlato». E' questa forse la notizia più importante che può venire da una società di rilievo come la Fitch, che assieme a Standard & Poors e Moody si spartisce la palma della notorietà fra gli specialisti che classificano l'affidabilità dei debiti destinati al mercato dei sottoscrittori. A parlare è l'Amministratore delegato Marco Cecchi de' Rossi, della Fitch Italiana, il primo manager specializzato ad aver promosso anche nel nostro Paese il ricorso al rating. Come mai i ratings non sono bastati ad evitare il crac di grandi aziende come Cirio e Parmalat? «Nel caso Cirio mancava assolutamente il rating. Per Parmalat il discorso è diverso: si è trattato di una vera e propria truffa, contro la quale le società di rating non possono far niente. Comunque per società ed emissioni di quel genere vengono richiesti dagli investitori tre ratings». Ma a quanto pare ne esisteva soltanto uno, quello di Standard & Poor's. «Infatti, ma io mi fermo qui, perché questa è materia affidata alla magistratura». Facciamo un'ipotesi: un vostro cliente oltre a chiedere il vostro rating, chiede anche quello di altre entità. Mettiamo che il vostro giudizio di merito non lo soddisfi, e quindi non voglia renderlo pubblico, preferendo rendere di pubblica ragione quello a lui più favorevole. «In questo caso possono crearsi delle asimmetrie informative, tanto maggiori quanto più ci si allontana dall'investitore istituzionali e ci si avvicina all'investitore privato». E la vostra società come affronta questo problema? «Con noi non può più accadere dal 2002. Perché nelle nostre lettere d'incarico abbiamo incluso una clausola vincolante per noi e per la clientela: il nostro diritto cioé di pubblicare il nostro giudizio. Ci obblighiamo così a rendere pubblici i nostri rating al momento delle emissioni. Ciò a salvaguardia del mercato e della nostra reputazione». Come avviene? «Il mezzo più normale è il comunicato stampa». Sono molte le aziende che chiedono un rating pubblico? «L'Italia sotto questo profilo presenta una anomalia che ha una radice storica, che risiede nel rapporto fra imprese e banche. Le imprese preferiscono ricorrere al credito bancario piuttosto che rivolgersi al mercato. Quindi non necessitano di rating. Cosa che invece che viene richiesta quando si fanno delle emissioni o delle cartolarizzazioni».

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