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Autonomi, il calcolo con il retributivo

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Il lavoratore autonomo incappa nelle maglie della riforma. Già da adesso, infatti, per accedere alla pensione di anzianità artigiani, commercianti, coltivatori diretti, coloni e mezzadri, devono raggiungere 35 anni di contributi e 58 anni di età. Nel 2007, il lavoratore autonomo del nostro esempio avrà 57 anni, per cui non potrà avvalersi di alcuna deroga. Anzi, dal momento che le norme attualmente in vigore prevedono che si possa andare in pensione anche senza avere l'età, purché si raggiunga un'anzianità contributiva di almeno 40 anni, per il nostro autonomo non cambia nulla, nel senso che la riforma non introduce alcuna novità. Potrà, però, consolarsi con il fatto che la sua pensione sarà interamente calcolata con il sistema retributivo (e non è cosa da poco). Anche per i lavoratori autonomi il calcolo della pensione retributiva è in funzione dell'anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 1992: con meno di quindici anni di contribuzione a tale data, il reddito medio pensionabile deve essere determinato con riferimento alle 520 settimane (10 anni) utili precedenti la decorrenza della pensione, aumentate dei periodi contributivi compresi tra il 1° gennaio 1993 e la fine del mese precedente la data di decorrenza della pensione. Se, invece, l'anzianità contributiva a tutto il 1992 è pari o superiore a quindici anni, per le pensioni con decorrenza dal febbraio 1996 in poi il periodo di riferimento per il calcolo del reddito medio pensionabile è stato ampliato dai dieci ai quindici anni precedenti la decorrenza della pensione. L'"allargamento" del periodo di riferimento è stato attuato con gradualità, in ragione del 66,6% delle settimane che intercorrono tra il 1° gennaio 1996 e la decorrenza della pensione. Lavoratore assunto dal 1996 in poi Per chi ha iniziato a lavorare dopo il 1995 (lavoratore autonomo o dipendente) vale il caso praticamente opposto, in quanto si potrà lasciare il lavoro soltanto all'età di 60 anni per le donne e 65 per gli uomini e la pensione sarà interamente liquidata con il sistema contributivo. Nel sistema contributivo, il calcolo della pensione tiene conto dell'insieme dei contributi versati dal lavoratore e dal datore di lavoro in tutta la vita assicurativa. Al termine dell'attività lavorativa, i contributi complessivamente versati vengono sommati per dar luogo alla base contributiva complessiva (il cosiddetto "montante individuale"), sulla quale si calcola la pensione. I contributi, comunque, sono rivalutati ogni anno in base al prodotto interno lordo (PIL) per consentire al lavoratore di recuperare in parte la diminuzione del potere di acquisto della moneta. Il montante viene moltiplicato per un determinato "coefficiente di trasformazione" stabilito dalla legge in base all'età del lavoratore, ottenendo così la misura della pensione lorda annua. Il montante individuale del lavoratore è costituito dai contributi versati a partire dal 1° gennaio 1996 in poi. Ai fini del calcolo della pensione occorre individuare la retribuzione annua dei lavoratori dipendenti o il reddito dei lavoratori autonomi, calcolare l'ammontare dei contributi di ogni anno moltiplicando la base imponibile annua per l'aliquota contributiva, che è del 33% se si tratta di lavoratori dipendenti e del 20% se si tratta di lavoratori autonomi e, infine, determinare il montante individuale sommando i contributi di ciascun anno, rivalutato annualmente sulla base del tasso annuo di capitalizzazione risultante dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (PIL) calcolata dall'ISTAT. L'importo della pensione è determinato applicando al montante contributivo il coefficiente di trasformazione relativo all'età dell'assicurato alla data di decorrenza della pensione. Attualmente, le norme prevedono l'applicazione di coefficienti a partire dall'età di 57 anni (4,72%), fino a 65 anni (6,136%). Se l'anzianità contributiva dell'interessato è pari a 40 anni effettivi, si applica il coefficiente più alto. Lavoratore dipendente co

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