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Ci vorrebbe don Camillo

Pietrangelo Buttafuoco
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Augusto del Noce, filosofo cattolico, l'aveva detto: «Sarà il sesso ad avvelenare la santità della Chiesa». E a margine della terribile vicenda del Dossier Viganò, ancora una volta la questione su Vaticano e sesso c'è un inquietante frammento. È proprio un fotogramma: quello di due cardinali accusati di vivere more uxorio. Una coppia di fatto, dunque, una scena rubata a un copione de La Cage aux Folles o, ancora meglio – a proposito di Tognazzi – un episodio mancato de I Mostri, con Gassman nel ruolo del partner. Una sceneggiatura già scritta, tutta di risate con i due – è facile immaginarli – a far compere nei negozi di paramenti e gareggiare in broccati e babbucce per arrivare in trionfo di cappa magna. Una tragica convulsione del nichilismo questo a-more uxorio dei principi di Santa Romana Chiesa, se fosse vero – se fosse accertato – dove solo la fantasia può architettare, con il beneficio dell'immaginazione, un contravveleno. L'unico possibile, ormai: quello di un don Camillo, appunto quello di Guareschi, uno che, certo, non c'è nel calendario, ma nella letteratura. Uno che abita il cuore dei semplici. Uno che armato di misericordiosa distanza rispetto ai convenevoli modernisti, fosse pure a colpi di randello, sa come fare largo a Cristo.

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