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Chi è davvero Achille Lauro. L'intervista bomba su famiglia, droga e carcere

Achille Lauro in esclusiva al "Corriere della Sera" racconta tutta la verità dopo il successo di Sanremo: "Su di me falsi miti e leggende nere"

Giada Oricchio
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Achille Lauro rubava e spacciava. No, Achille Lauro è figlio della buona borghesia romana. Chi è davvero il trapper? Lo rivela Achille Lauro ad Aldo Cazzullo in un'intervista esclusiva per il "Corriere della Sera": “Su di me falsi miti e leggende nere. La politica? Seguo poco. Salvini? Mi hanno attaccato perché ho difeso i migranti, ma l'essere umano è fatto per aiutare. Roma? Bellissima per i privilegiati. La gente è nella mani del Signore”. Per approfondire leggi anche: Carmelo Abbate smaschera Achille Lauro Achille Lauro, pseudonimo di Lauro de Marinis, classe 1990, è il musicista del momento dopo le sue performance sul palco del Festival di Sanremo. Carmelo Abbate ha scritto che era un adolescente abbandonato a sé stesso nella periferia di Roma: ha rubato, spacciato ed è finito in carcere, ma il rap e Marracash lo hanno salvato. Qualcun altro dice che sia nato a Verona e non a Roma e che sia il figlio di un magistrato e di una dipendente statale appassionato di musica. Oggi è lui stesso a far chiarezza al Corriere della Sera: “Non mi è mai mancato nulla. Mio padre si chiama Nicola De Marinis, è stato professore universitario e avvocato, ha scritto quattro libri, per meriti insigni è diventato consigliere della Corte di Cassazione. Nonno Federico era prefetto di Perugia, l'altro nonno ha combattuto nella seconda guerra mondiale: si chiamava Archimede Lauro Zambon. Sono nato a Verona perché lì abitava la famiglia di mia mamma, Cristina, originaria di Rovigo, ma sono cresciuto a Roma. Mia mamma ha dedicato la vita agli altri. Casa nostra era sempre piena di ragazzi presi in affido. Sono sempre stato abituato a condividere”. Cazzullo gli ricorda la separazione dei genitori: “Ci fu una crisi. Però mamma per noi c'è sempre stata. Con mio fratello Federico, che ha cinque anni più di me, andai a vivere in una comune, a Val Melaina, Montesacro. Il collettivo si chiamava Quarto Blocco, c'erano altri venti ragazzi: chi scriveva, chi dipingeva, chi incideva musica a torso nudo... Così ho iniziato a scrivere, disegnare, incidere. Ora anche a dipingere”. Il giornalista insiste: “È stato scritto che lei spacciava, rubava i motorini, avrebbe pure rapinato un supermercato”. “Cos'è, un'indagine? Su di me circola una leggenda nera, inventata da gente che ha interpretato alla lettera il mio primo libro, Sono io Amleto, che in realtà è una biografia romanzata. Ne sto scrivendo un altro, La storia di una notte, in cui sono innamorato di un ricordo. Non si è mai innamorati di quel che si ha; si è sempre innamorati di quel che non si ha più. Come è andata davvero? Nelle periferie la droga esiste. Far finta che non esista è più sbagliato che parlarne. È una piaga sociale che non va nascosta: ne va dato un giudizio negativo. Non posso dire che queste cose non le ho mai viste; al contrario, le conosco, e cerco di aiutare le persone a non distruggere la loro vita. Vengono a intervistarmi e poi scrivono “Lauro spaccia”, al presente, “Lauro ruba”, al presente. Sono cresciuto in un ambiente difficile, in mezzo a persone problematiche. Ma Sanremo è il frutto di quindici anni di impegno. Se avessi buttato il tempo in queste sciocchezze non sarei qui. Canto per dire ai ragazzi di non sprecare il loro tempo: prima capisci quello che vuoi fare, prima arrivi al successo. E il successo non è la fama; è la riuscita del proprio percorso”. La chiacchierata va avanti su temi più intimi: “Ho visto per tutta la vita i miei farsi il culo e non riuscire, mio padre spaccarsi la schiena senza avere quello che gli spettava, mia madre fare lavoretti saltuari umilianti. Da questo è nata la mia ambizione. Ho suonato davanti a tre persone. Ho pagato di tasca mia la sala del primo concerto, 300 euro per lo Zoobar di Roma. Per anni non ho dormito, per creare tutto questo. Proprio quando ero stanco, a un certo punto tutto si è messo a posto, sia la mia vita sia quella dei miei”. Achille Lauro conferma di aver ricomprato i gioielli di nonna Flavia: “Li ho riscattati dal monte dei pegni”, ma sfata una leggenda metropolitana: “No, non sono stato in galera. Pure questa voce fa parte della leggenda. Ho avuto abbastanza amici incasinati da capire quello che non volevo diventare. Amici reduci da dipendenza o da sbagli adolescenziali, che entravano e uscivano per cose fatte da ragazzini. Il carcere non è il posto giusto per recuperare i ragazzi. Per loro facciamo molto di più io e quelli come me”. Il neo musicista 30enne non si sbottona sulla sua sessualità: “Gay o fluido? Questo lo lascio al caso. Figli? Li ho schivati”. Sul caos scatenato da Morgan all'Ariston, Achille Lauro ha le idee chiare: “I pinguini tattici nucleari che hanno chiuso la loro cover con Rolls Royce è stato il secondo momento più figo del festival. Il primo Morgan che improvvisa il testo: “La tua brutta figura di ieri sera...”. Achille Lauro crede in Dio: “Come potrei, proprio io, non credere? Dopo essere passato da situazioni assurde? Sarebbe un'offesa a tutto quello che ho” e risponde anche alle domande sulla politica: “La seguo poco e voto poco. Salvini? Sono stato attaccato per aver difeso i migranti. Ma l'uomo è fatto per aiutare gli altri; prima o poi tutti avremo bisogno di aiuto”. E sulla Roma di oggi: “Resta bellissima, ma solo per i privilegiati. In periferia non c'è molta criminalità; c'è molto disagio. La gente è nelle mani del Signore. Si percepisce un senso di abbandono, di decadenza che per me è arte. A Roma nascono le cose, a Milano partono. Ora vivo a Milano, che è il luogo dell'innovazione, delle persone che credono e investono nelle idee. Qui spunta l'albero. Ma il seme nasce dalla decadenza di Roma”.

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