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"Adrian", crollano gli ascolti. Ecco i perché del disastro

Mancano ancora sette puntate alla fine della serie cartoon di Canale5

Giada Oricchio
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E' conclamato: “Adrian” non ha passato la prova del nove. Adesso è un disastro di proporzioni bibliche, anzi da “bibbia biblica” di Celentano. La seconda puntata dell'evento dell'anno ha registrato 3.965.000 telespettatori per una share del 15% con “Aspettando Adrian” (nella prima puntata 5,9 milioni di spettatori per il 21,9% di share), mentre “Adrian” ha interessato 2.887.000 telespettatori per il 13.3% di share. Vince la serata di martedì 22 gennaio la fiction “Liberi di scegliere” con Alessandro Preziosi che ha ottenuto 4.179.000 spettatori e la share al 17.7%. Analizzando la serie evento c'è da chiedersi: Adriano Celentano ha raggiunto il suo obiettivo o no? Voleva far parlare di sé o dei temi caldi che spaccano l'Italia? Se lo scopo era la celebrazione del suo ego e della sua onnipotenza allora ha centrato il bersaglio, se era accendere un faro sulle disuguaglianze sociali, sul conformismo e sulla violenza sulle donne allora il no è poco, ma sicuro. Lo spettacolo che precede “Adrian” è carino, ma annacquato, il ritmo da bradipo rende le battute inconsistenti. Il vulnus è proprio la grande attesa creata intorno al “Molleggiato-Messia”: si aspetta talmente tanto la sua figura, il suo colpo di genio, l'esternazione del suo pensiero che tutto il resto passa in secondo piano. Siamo talmente concentrati su Adriano Celentano che quando parlano gli altri ci distraiamo. E' lo stesso Celentano a depotenziare il suo show coprendo argomenti e storia con il mantello del suo ego. Al pari di un tappeto di neve sotto al quale si nascondono fiori di campo e bucaneve. L'evento non può esaurirsi nell'attesa dell'evento, ma deve dischiudersi in sostanza. E' come andare dal medico e rimanere sempre in sala d'attesa. Dopo un'ora, ci si alza, si protesta e si va via. Ecco, Celentano lascia il pubblico in perenne anticamera. La graphic novel “Adrian”, poi, non ha filo logico, è imprevedibile come il suo autore, spettinata e velleitaria, la trama ha i piedi d'argilla invece di una solida base. Per questo è inevitabile che l'impianto crolli. La debolezza della storia, l'inesistente guizzo d'originalità, Adrian supereroe con la maschera da volpe (quando il supercattivo lo vede gli stampa un enorme “ma vaffa…” giusto per dare credibilità al personaggio. Mai vista una roba del genere con Batman o Superman) che sconfigge gli avversari danzando sulla colonna di Zorro dà l'idea di quanto involontariamente comico sia il prodotto. Ci manca Furia cavallo del West. Direbbe Fantozzi: "A me pare una ca**ta pazzesca". Salviamo solo la frase sessista che “Adrian” rivolge alle due ragazze aggredite da una banda di malviventi: “Se aveste bevuto qualche bicchiere in meno avreste evitato certi approcci”. Non è uno scivolone, è la denuncia di un luogo comune. Adesso Mediaset riterrà il risultato buono al di là di ogni ragionevole evidenza o correrà ai ripari considerando che mancano 7 puntate e a metà febbraio arriva Montalbano?

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