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Addio a Pierluigi Pirandello, ultimo erede della famiglia

Pierluigi Pirandello in uno scatto recente

Il ricordo commosso di Pippo Franco, suo amico: "Quel dipinto esoterico del padre Fausto"

Arianna Fioravanti
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Si è spento ieri a Roma Pierluigi Pirandello, figlio del celebre pittore Fausto e l'ultimo nipote che era ancora in vita di Luigi (il nonno aveva vietato che lo chiamassero come lui, Luigi, nella speranza che il destino riservasse al nascituro un'esistenza meno infelice della sua). Nato a Parigi il 5 agosto del 1928, Pierluigi ha dedicato cinquant'anni della sua vita all'attività forense, rifiutando l'arte come professione ma vivendola e sostenendola, anche insieme alla moglie Giovanna, attraverso l'organizzazione di importanti mostre e attività culturali in Italia e all'estero. Particolarmente attivo nell'aiutare gli artisti, nel 2011 ha costituito la fondazione Fausto Pirandello, tramite la quale svolgeva fra l'altro la sua attività di vero mecenate. Solo pochi mesi fa aveva dato alle stampe con Alfonso Veneroso un libro in memoria del padre intitolato “Il Pirandello dimenticato” (De Luca Editori d'Arte). Il funerale si è svolto stamattina presso la Basilica di Santa Maria del Popolo. Tra i presenti c'era anche Pippo Franco, grande amico di Pirandello. «Pierluigi e io eravamo sulla stessa lunghezza d'onda» ricorda l'attore ancora commosso, dopo averlo accompagnato in chiesa ed essere rimasto sempre accanto alla bara, fino alla partenza del carro funebre per il cimitero di Anticoli Corrado, dove da oggi riposa il corpo di Pierluigi. «Eravamo amici da anni, ci frequentavamo in diverse occasioni, andavo spesso a casa sua. Avevamo un legame culturale ma anche di amicizia profonda. Io vengo dal liceo artistico, il primo mestiere che ho fatto è stato il pittore. Un giorno gli ho decodificato il contenuto di un quadro di suo padre Fausto che si intitola “Donne con salamandra”. Quando è nato Pierluigi, nel 1928, Fausto era a Parigi e frequentava circoli per così dire esoterici, e persone come Rudolf Steiner e il pittore Emanuele Cavalli. Andando un pochino a fondo nell'osservazione del quadro, gli ho rivelato che quello è il racconto pittorico di una sorta di seduta medianica, laddove compaiono la madre che sta dietro a una cornice sospesa e in cui la donna esiste solo nel busto, come fosse una sorta di ectoplasma, e la zia di profilo che in realtà guarda nell'aria; c'è poi la salamandra, una razza di lucertola considerata simbolo di fede perché resistente al fuoco, sopra una carta che è il 5 di coppe: la coppa è il simbolo del Graal e il 5 è il giorno in cui è nato Pierluigi. Insomma, il dipinto sembra ricostruire una seduta medianica a cui Fausto partecipò e in cui gli fu annunciato il giorno della nascita del figlio. Ciò che l'opera esprime, in altre parole, è il senso della vita, il senso della vita oltre il visibile. Pierluigi era il custode della cultura del nonno e del padre. Venendo a mancare lui si è persa la memoria e la testimonianza del rapporto fra queste due esistenze, un rapporto su cui bisogna ancora indagare per capire l'epoca in cui visse Luigi e quella successiva di Fausto. C'è una contiguità legata all'aspetto metafisico, alla capacità cioè di vedere oltre il visibile. Pierluigi era la summa di queste cose e le faceva vivere come se loro fossero lì. Era un uomo completamente diverso dal padre e dal nonno, era l'espressione razionale, più pacata della sua famiglia, ma la rappresentava, ne capiva il metafisico e ne ha continuato la memoria. Personalmente ho il ricordo di una persona molto aperta, pulita dentro, dedita agli altri, cordialissima. La sua casa era diventata per noi un centro culturale dove si incontravano persone molto diverse tra loro; persone eterogenee ma legate dal pirandellismo, che Pierluigi riusciva a far incontrare e dialogare».

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