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Il grande Igor che rivoluzionò musica e danza

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Nonsolo per le celebrazioni di Verdi, Wagner, Corelli e Gesualdo, ma anche per il centenario di quel Sacre du printemps di Strawinsky (1913) che con il Pierrot lunaire (1912) di Schoenberg segnò una chiave di volta nella musica del Novecento. Da dopodomani il direttore russo Vasily Petrenko lo celebra per primo nei concerti sinfonici di Santa Cecilia al Parco della Musica. Il Sacre va in scena per la prima volta (29 maggio 1913) al Théâtre des Champs Elysées di Parigi sotto la direzione di Monteux nella coreografia di Vaslav Nijinsky interpretata dai Ballets Russes di Diaghilev. Nulla lascia presagire il peggio. La prova generale, alla presenza di Debussy (che la definì «musica da selvaggi, con tutto il confort moderno»), Ravel e della stampa, vola liscia come l'olio, ma alla «prima» esplode la protesta. La parvenza brutale della musica e la coreografia «primitiva» di Nijinsky rendono l'atmosfera incandescente. Strawinsky lascia la platea per portarsi dietro le quinte, dove vede il povero Nijinsky, in piedi sopra una sedia, sbracciarsi a contare i tempi per i danzatori ma il frastuono impedisce ai danzatori di ascoltare la musica e le indicazioni del coreografo. Fu un vero scandalo che non salvò nè la musica né la danza. La prima idea del Sacre era balenata a Strawinsky come una sorta di visione premonitrice: un rito sacro pagano in cui i vecchi saggi assistono alla danza di morte di una vergine sacrificata in un rito propiziatorio per l'avvento della primavera. Fu il pittore Roerich, esperto delle antiche civiltà slave a focalizzare quella visione in due quadri: l'Adorazione della terra e Il sacrificio. Una primavera diametralmente opposta a quella aggraziata di Botticelli o Vivaldi, anzi esplosiva, violenta, in un quadro pagano, dove l'uomo è un tutt'uno con le forze elementari e brutali della natura. A distanza di tempo Strawinsky si difendeva: «Si è fatto di me un rivoluzionario mio malgrado il tono di un'opera come la Sagra è potuto sembrare arrogante, il linguaggio che essa parlava è potuto apparire violento nella sua novità: ciò non implica assolutamente che essa sia rivoluzionaria nel senso più sovversivo del termine». Una buona parte delle responsabilità per lo storico fiasco fu attribuita da Strawinsky al coreografo ma il fatto è che all'epoca il linguaggio musicale appariva ben più avanzato rispetto a quello della danza. Nelle Chroniques Strawinsky parla in questi termini di Nijinsky: «La sua ignoranza delle più elementari nozioni della musica è sconcertante. Il poveraccio non sapeva né leggere la musica né suonare alcuno strumento. Tali lacune erano così gravi che non potevano essere compensate dalle sue visioni plastiche, talvolta di autentica bellezza. Mi accorsi che non avrei ottenuto nulla se non lo avessi iniziato ai rudimenti della musica. Occorreva richiamarlo continuamente al tempo. Era un compito esasperante». Altri commenti Strawinsky affidò a Robert Craft: «Nijinsky non tentò neppure di afferrare le mie idee sulla coreografia del Sacre. Non voglio dire che avesse poca immaginazione creativa, al contrario ne aveva persino troppa. Il fatto è che non conosceva la musica e che perciò il suo concetto dei rapporti tra danza e musica era rudimentale».

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