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Per il bambino invisibile la natura è come la mamma

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Quelloche lascia a bocca aperta del bel libro «Il bambino invisibile», di Marcello Foa, è che si tratta di una storia vera. E possiamo essere sicuri, visto che l'autore è un giornalista di quelli scremati dalla scuola del duro Montanelli, che quando scrive inventa poco e racconta cose concrete. Si tratta di un libro stupefacente per il suo costante pathos e per la sua conseguente capacità di mantenere viva l'attenzione del lettore. Vivono, nel volume, un'anima modernissima e una antica. In questo libro c'è il mito moderno e ambientalista della natura-madre, c'è la constatazione che flora e fauna possono essere duri, forse anche spietati, ma la «cattiveria» arriva solo dall'uomo. Contemporaneamente vive il mito di Diana, del «buon selvaggio», l'esaltazione della vita bucolica che riecheggia dai tempi della poesia latina. Una bella sorpresa: il protagonista è un bambino che riesce costantemente ad essere e sembrare tale. Altro che i bimbi-mostri dei talent show del sabato sera, che sembrano più nani che bambini. Manuel Antonio è semplice, sereno: ama gli alberi, diffida del sapone e odia le cinghiate. Tutto questo profuso in una storia che sembra una parabola. In «Il bambino invisibile - Una sensazionale storia vera», di Marcello Foa con Manuel Antonio Bragonzi, edito da Piemme, 277 pagine, euro 16,50, lui, Manuel Antonio, ha 5 anni quando comincia un vagabondare in una natura florida durato 3 anni. Imparando dagli animali ad accettare la propria vita, amando ciò che ha attorno a se, fino a che una coppia, arrivata dall'Italia gli ridarà la fiducia necessaria per tornare bambino e vivere una nuova vita. Dopo «Il ragazzo del lago» di Foa arriva in libreria questo «Bambino invisibile», quando Manuel Antonio è ormai un uomo, un marito e padre di 3 bambini. Lavora come regista, un impegno evoluto, tecnologico. Ma dentro di lui qualcosa della foresta è rimasto. «Il bambino invisibile», appena arrivato in libreria, ha avuto un successo contagioso, che nasce dalle doti «magnetiche» di questo libro e di questo personaggio. E alla fine del racconto, se avrete la fortuna di leggerlo «dimenticando» di guardare il risvolto di copertina, a salutarvi c'è lui: la foto di Manuel Antonio Bragonzi, ben pettinato, con gli occhi un po' spaventati, ma, tutto sommato, sereni. A. A.

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