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La soluzione? Che parli di musica solo chi ne capisce

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Masarà difficile stilare una equa e doverosa riforma che promuova musica, danza e teatro come beni culturali collettivi e non ludici fino a quando non sarà radicata in tutti l' idea della inalienabilità di questi beni, necessari ad una corretta crescita sociale dell' individuo. Una tale coscienza è oggi impedita dal quasi analfabetismo musicale dell'italiano medio (quanti onorevoli o assessori sanno leggere la musica o apprezzare veramente un concerto?). Insomma si deve innanzitutto partire da una riforma che ponga l'insegnamento della musica e la pratica musicale (e solo poi la storia della musica così importante per il nostro Paese) nelle scuole di ogni ordine e grado sin dai giardini d'infanzia. Dall'alto poi bisognerebbe stilare un albo professionale per i direttori artistici, spesso incompetenti e dilettanti, e tenere più d'occhio le nomine dei Sovrintendenti, oggi solo «politici». Sono costoro i primi responsabili delle cattive gestioni, ma non ne pagano poi le conseguenze, anzi sono congedati con liquidazioni da favola (gli stipendi si aggirano attorno ai 250 mila euro annui). Tutto ciò che di scriteriato si è visto spesso negli Enti lirici è dipeso da concessioni spesso fatte solo per quieto vivere, ma oggi i nodi tornano al pettine. Lor. Toz.

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