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Nessuno ruba più cadaveri. I «pezzi» si fanno in laboratorio

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Questimiti ancora vivono nel terzo millennio. Ma la situazione «oggettiva» è decisamente cambiata. Sono finiti i tempi del capitano Achab, quello di «Moby Dick», che con il suo passeggiare notturno sul ponte della Pequod, ticchettando sulle tavole con la gamba fatta con un'osso di balena, teneva sveglio il povero Ismaele e il resto della ciurma. La gamba, quella vera, la balena bianca gliela aveva portata via con uno scatto delle fauci possenti e lui, il capitano, aveva cominciato a vendicarsi sostituendola con quell'osso portato via ad un parente della sua nemica. In attesa di fare di più. Oggi Achab avrebbe un arto artificiale in policarbonato e titanio, studiato da un pool di medici, ingegneri e altri esperti in bionica. Qualche professore gliela metterebbe a punto talmente bene che non farebbe alcun rumore poggiandosi sulle tavole della Pequod. Non solo, se l'altra gamba, quella «buona», reggesse Achab potrebbe andare a correre i cento metri alle Olimpiadi. E non ci sono solo le gambe artificiali, quelle che hanno fatto storcere il naso a certi giudici sportivi, perché in grado di potenziare il corpo umano oltre ogni limite fino a dargli una potenza sovrumana. Ci sono anche le mani bioniche, le orecchie bioniche e poi gli occhi, gli organi interni, pezzi di ricambio adatti ad ogni occasione. E quando si mettono insieme tanti pezzi, va da sé, il risultato finale è facile immaginarlo. Se si hanno tutte le parti a disposizione alla fine, oltre a servire come «pezzi di ricambio» le varie parti possono mettere insieme una «creatura» nuova di zecca. Insomma oggi, probabilmente, i ladri di cadaveri amici del dottor Frankenstein non avrebbero alcun bisogno di andare a saccheggiare le tombe. Lì troverebbero «pezzi» malridotti, deteriorabili, di pessima qualità. Meglio dei tessuti umani, in fondo così fragili, il teflon e il goretex. Praticamente eterni. Nella costruzione del Frankenstein moderno ci potrebbe poi «mettere lo zampino» anche la chirurgia estetica. Insomma tra bisturi e silicone si creano delle forme che prima non c'erano, si arrotonda, si gonfia, si sgonfia, si modella e si ammorbidisce. Con l'aiuto di qualche bravo chirurgo la «creatura» di Mary Shelley potrebbe non solo non essere di colorito terreo, con gli occhi acquosi e con quei terribili elettrodi che gli spuntano dal collo, insomma, repellente. Potrebbe addirittura essere una gran bellezza. Magari i giudici sportivi le proibirebbero, uomo o donna, di andare a gareggiare nelle discipline sportive. Infatti quegli arti tutto sarebbero meno che regolamentari, ma magari il Frankenstein di Mary Shelley potrebbe mettere un annuncio sul giornale, o meglio su Internet: «Al momento disoccupato, ottimo curriculum, cerca impiego»... e alla fine aggiungere il fatidico «bella presenza», che non guasta mai. Nella seconda serie del telefilm «Star Trek», quella realizzata negli anni Novanta e denominata «The Next Generation», il protagonista, capitano Picard interpretato da Patrick Stewart, ha una storia singolare e a lieto fine. Da cadetto il futuro comandante dell'Enterprise si trova in mezzo ad una rissa durante la quale ha la peggio. Un brutto ceffo gli molla una coltellata in mezzo alla schiena che lo passa da parte a parte, spaccandogli il cuore. Il telefilm si svolge tra parecchi anni nel futuro: il giovane cadetto della Federazione Unita dei Pianeti viene teletrasportato in un centro medico dove, in quattro e quattr'otto, il cuore ormai distrutto viene sostituito con uno artificiale. Con il quale vivrà una vita eccezionale. Oggi questa non è più fantascienza. Presto per il Frankenstein del Terzo Millennio sarà pronto un cuore in stile «Star Trek». A. A.

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