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Il profumo dei libri Manie e follie dei collezionisti

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Acquisto come una droga. Certi bibliofili evitano di leggerli per lasciarli intonsi

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Nonli poggiava mai sul palmo della mano, li sollevava con pollice e indice, deliziando i polpastrelli. Un bibliofilo, Macchia, ricorda l'italianista più estroso, Walter Pedullà. Che indulge a descrivere quanto siano curiosi i comportamenti dei maniaci dei libri. Del proprio rapporto «carnale» con gli oggetti del desiderio, i volumi, dicono in molti. Oliviero Diliberto, segretario Pdci, da decenni ne raccoglie e ne colleziona. È un habituè delle fiere librarie antiquarie e di arte. Nonché delle botteghe e dei mercatini acconci. Si paragona a un tossicodipendente. «I miei fornitori di opere rare e antiche sono come i pusher - dice spesso - Portano via dagli scaffali per qualche tempo la merce che mi interessa. Così la mia dipendenza aumenta e quando li ritirano fuori a prezzi folli, io li compro». Sniffare volumi è uno dei rituali dei bibliofili. L'odore misto di inchiostro, carta, colla, inebria. Ecco allora che Karl Lagerfeld, lo stilista tedesco che illumina Chanel Fendi e che possiede una raccolta di 300 mila volumi, ha pensato bene di inventare un profumo all'essenza di libro. Si chiamerà «Paper Passion» e scaturirà dalla collaborazione di «Kaiser Karl» con l'editore che pubblica le sue raccolte fotografiche. La fragranza punterà su note forti e legnose, anticipa la casa. Che per assecondare il capriccio dello stilista ha inviato al profumiere, di Berlino, carta stampata. E però già esistono in commercio profumi per bibliofili. «Paperback» di Demeter, l'inglese «Hammam Bouquet», il francese «Tome 1». Umberto Eco nel corso di una lectio magistralis al Salone del Libro ha raccontato la leggenda di Gerberto d'Aurillac, papa Silvestro II. Promise una sfera armillare di cuoio in cambio di un codice introvabile di «Pharsalia» di Lucano. Non sapeva che Nerone aveva fatto suicidare il poeta prima che completasse l'opera. Dunque il testo era incompleto. Ma per non privarsene, Gerberto inviò al venditore solo metà della sfera. «Lui voleva possedere quei fogli - spiega Eco - toccarli, forse annusarli ogni giorno e sentirli cosa propria. E un bibliofilo che, dopo aver toccato e annusato, trova che il libro è monco, che ne manca anche solo il colophon o un foglio di errata, prova la sensazione di un coitus interruptus». Ma qual è il sogno ricorrente di ogni collezionista? «Trovare una vecchietta novantenne che ha in casa un libro che cerca di vendere, senza sapere di che si tratti, contare le linee, vedere che sono 42 e scoprire che è una Bibbia di Gutenberg...», azzardava l'autore de «Il nome della rosa». Una chimera perché l'ultima copia circolante di quella Bibbia - il primo libro mai pubblicato - è stata comprata nel 1987 da giapponesi che la pagarono, allora, otto miliardi. La fiera più gustosa per i bibliofili è ormai da anni quelle del Libro Antico, promossa dall'appassionato del settore che è Marcello Dell'Utri, arrivato recentemente ad acquistare i volantini emessi delle Br durante il sequestro Moro. Lui che due anni fa ha fatto ripubblicare per la Biblioteca di Via Senato una raffinata edizione del Pinocchio di Collodi, possiede, tra l'altro, il libro di preghiere di Carlo Borromeo. «Non lo darei nemmeno al Papa», taglia corto. E quando gli si chiede qual è stato il volume più importante portato a casa, racconta del «Calendaio» di Giordano Bruno: «L'ho cercato forsennatamente. Le opere del filosofo ucciso sul rogo di Campo de' Fiori sono per lo più bruciate con lui. Quel Calendaio lo pagai forse troppo, ma si è rivelato un investimento». E infatti Dell'Utri spiega come un libro raro possa essere un affare: «Un volume del Cinquecento costa meno di un'opera d'arte dello stesso periodo». D'accordo Pasquale Chessa, che colleziona libri sardi o sulla Sardegna. «Quello che amo di più è "De rebus sardois" del Fara. Un testo del '500 perfetto per conservazione, con la copertina di pergamena e stemma di famiglia. Mi ha affascinato fin dal profumo. Delicato, a riprova della qualità della carta. L'ho pagai tanto, dunque a rate. E nascosi l'acquisto a mia moglie. Ma sono fiero anche di un altro pezzo: la prima edizione dell'«Atlante di viaggio in Sardegna» di Lamarmora. Non mi spingo oltre i libri dell'Ottocento. Dopo, la carta è meno buona». La specialità di Giampiero Mughini sono i libri del Novecento. «Ho bisogno del mio secolo, conservo foto, rotocalchi, carte, cimeli. E mi piacciono i pezzi per così dire sbilenchi. Più lo sono, più sono contento. Posseggo una raccolta strepitosa, tenendo conto che non sono ricco. Un libro che costa 150 euro ma che ti manca, quando lo trovi ti dà i brividi».

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