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Happy Days mania Il sogno americano ha la faccia di Fonzie

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Leparole d'ordine sono «Hey» e «Wow» con i pollici tirati all'insù. Una sorta di passepartout per diventare un modello nel cuore di milioni di adolescenti in tutto il mondo. Arthur Fonzarelli detto Fonzie è uno di quelli che non deve chiedere mai. Sa sempre esattamente cosa fare e cosa dire in ogni situazione. Il suo giubbotto di pelle è un'uniforme e, quando non lo indossa, sembra praticamente nudo. Sotto il giubbotto, una semplice maglietta bianca a girocollo, una specie di seconda pelle che non lo lascia mai. E poi l'estrema difficoltà nel chiedere scusa. Tanto che, per pronunciare quella parola, la bocca gli s'impasta e comincia a parlare al rallentatore come il computer Hal 9000 in «2001 - Odissea nello spazio» di Kubrick. Dietro quel giubbotto di pelle si nascondeva Henry Winkler, volto da allora rimasto letteralmente paralizzato nel suo stesso personaggio. Ma Fonzie era solo il volto più amato di «Happy Days». La serie tv statunitense ideata da Garry Marshall poteva contare su altri personaggi cult come Howard Cunningham, Marion, Richie Cunningham (il biondo Ron Howard che avrebbe poi intrapreso una brillante carriera da regista). E ancora Potsie, Chachi, Arnold e Alfred, i due proprietari di Arnold's, il locale-tormentone attorno a cui gravitavano tutte le puntate della fortunata serie. «Happy Days» debuttò nella televisione statunitense nel '74 e in quella italiana tre anni dopo. La vicenda era ambientata negli Stati Uniti degli anni Cinquanta, nel pieno del boom economico, quando vivere a Milwaukee significava avere uno dei tenori di vita più alti del mondo. Il sogno americano vibrava nel rock che proveniva dalle radio private. La nostalgia degli anni Cinquanta cavalcava la disillusione dell'America a metà anni Settanta, quando il Vietnam e la crisi petrolifera ormai alle porte avevano sottratto l'aura di purezza alla maggiore potenza economica e militare dell'intero occidente. Da allora Fonzie non ha mai smesso di tornare in video. A ondate successive. Sempre con grandissimo successo, coinvolgendo con la sua baldanza più d'una generazione. Gli ultimi in ordine di tempo sono i protagonisti del musical in scena dal 12 aprile al Teatro Brancaccio di Roma. La Compagnia della Rancia ha messo in scena uno show che ha incassato anche i complimenti di Henry Winkler. «Il vero Fonzie ha visto un video e in americano mi ha scritto: "l'hai imbroccato"». Questo il miglior complimento per Riccardo Simone Berdini, protagonista di «Happy days», il musical che dopo un anno di tournée e 35 città toccate, concluderà il suo tour a Roma fino al 22 aprile. «La serie ormai la conoscono tutti, giovani e anziani - prosegue Berdini, già protagonista di Pinocchio - Ma questo è uno spettacolo di cui si sentiva la necessità perché racconta valori un po' messi da parte, come la famiglia, l'amicizia, la lealtà e anche l'orgoglio maschile». Lo spettacolo, che ha ricevuto «l'in bocca al lupo» in video di Garry Marshall, è arrivato in scena nel pieno della stagione del boom dei musical sui palcoscenici italiani. «Sì, ma il novanta per cento pensa che basti mettere su una musica per costruire un musical - risponde Saverio Marconi - Negli Usa passano sette anni di lavoro tra l'ideazione e il debutto. Qui nemmeno sette mesi». Infatti di fiaschi se ne contano parecchi. Mentre il mito di Fonzie continua.

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