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Nella «Città ideale» i segreti del '400

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Gli esperti dibattono sul possibile autore del dipinto e dei due misteriosi «gemelli»

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Durouomo d'arme, durante una di quelle «giostre» che il Quattrocentro aveva ereditato dal Medioevo, ricevette un colpo terribile al viso che gliene sfigurò la parte destra e gli costò un occhio. Non pago della botta ricevuta il capitano di ventura, che non aveva nessuna intenzione di mettersi a riposo, si fece recidere parte del naso per avere, anche con un solo occhio, un ampio campo visivo a destra e sinistra, e poter continuare a brandeggiare la spada con sicurezza. Eppure Federico era anche, come spesso capitava agli uomini di quel tempo, un raffinatissimo mecenate e intenditore d'arte. Federico fu protagonista del Rinascimento nonché «complice» nella creazione del quadro che simboleggia lo splendore e il mistero di questa epoca meravigliosa: «La Città ideale». La tavola quattrocentesca è uno degli enigmi più affascinati dell'arte e sarà al centro di una grande mostra dal 6 aprile al Palazzo Ducale di Urbino, oggi sede della Galleria Nazionale delle Marche, che fu voluto da Federico come dimora principesca che superasse in bellezza qualunque altra costruzione d'Italia. Curata da Lorenza Mochi Onori e Vittoria Garibaldi, la rassegna si intitola «La Città ideale. L'utopia del Rinascimento a Urbino tra Piero della Francesca e Raffaello» e si propone di dimostrare come il capolavoro conservato nella Galleria Nazionale delle Marche rappresenti, insieme con i suoi dipinti «gemelli» il momento artistico più alto dei quell'epoca storica. Sì perché di «Città ideali» ne esistono tre: probabilmente dipinte nello stesso momento e dalla stessa mano. Ma sono solo congetture. L'unica cosa certa è che i tre «gemelli» sono uno a Urbino, l'altro alla Gemäldegalerie di Berlino e un terzo al Walters Art Museum di Baltimora. L'opera di Urbino nei secoli è stata attribuita a celebrati maestri, tra i quali figura anche Piero della Francesca, un'altra scuola di pensiero la vorrebbe realizzata da Giuliano da Sangallo, ma si tratta solo di ipotesi. Certo è che la veduta prospettica rappresentata è senza dubbio il risultato di ricerche non solo pittoriche, architettoniche e ingegneristiche, ma anche matematiche e soprattutto filosofiche. Un'opera che segna un momento di svolta, il cambiamento di un'era, la nascita di pensieri nuovi nelle menti di uomini che non avevano timore di attuarli. Come, appunto Federico da Montefeltro, che nacque a Gubbio il 7 giugno 1422 da una nobildonna e dal conte Guidantonio. Federico era figlio illegittimo ma, in assenza di altri eredi, Guidantonio aveva ottenuto la bolla di legittimazione che permetteva al figlio di vivere a corte e di succedergli con tutti gli onori. Diritto che Federico saprà far valere con l'astuzia e con la spada. L'enigmatica tavola urbinate fu dipinta a tempera intorno al 1480-1490, come le gemelle di Berlino e Baltimora. Tutte e tre le opere saranno esposte insieme nella mostra che sarà inaugurata ad aprile. Grazie alla concessione del Museo di San Martino a Napoli ci sarà anche la celebre tavola Strozzi, della medesima epoca: è del 1472. E poi 80 opere fra dipinti, sculture, disegni, medaglie e antichi codici miniati. Un'occasione per approfondire il felicissimo momento rinascimentale vissuto dalla piccola capitale, stretta tra i monti e le colline del Montefeltro, cerniera fra le terre di Toscana, Umbria, Marche e Romagna. Contenitore e ulteriore attrazione della mostra sarà il Palazzo Ducale di Urbino, alla cui realizzazione parteciparono gli architetti che «inventarono» il Rinascimento: Leon Battista Alberti, Luciano Laurana e Francesco di Giorgio Martini, tutti possibili autori della tavola (anzi, delle tavole) che mostrano «La Città ideale». Questa mostra è anche uno degli eventi che celebrano il centenario della Galleria Nazionale delle Marche, nata con Regio Decreto il 7 marzo 1912.

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