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«Questo era il mio vero Montale»

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Maria Luisa Spaziani, la grande poetessa sua amica svela del Nobel allegria, gusto del paradosso, timidezza

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LaSpaziani, che abita a Roma in un grande appartamento pieno di libri nel suo amato quartiere Prati, non vive nella torra d'avorio della creazione di versi. Ha saputo scoprire e lanciare tanti giovani poeti ai quali si è dedicata con straodinaria generosità. È anche una grande animatrice dell'ambiente poetico nazionale e internazionale. È stata fondatrice e anima, tra l'altro, della effervescente esperienza del Centro Montale. Ed fu, giovane e talentuosa poetessa, l'amica sincera di Eugenio Montale, uno dei massimi esponenti della nostra poesia di tutti i tempi e Premio Nobel della Letteratura nel 1975. Nel "Montale e la Volpe" (Mondadori), racconta finalmente i suoi più cari "Ricordi di una lunga amicizia", cominciata nel 1949, quando lui andò a tenere una conferenza al Teatro Carignano di Torino e lei, appunto torinese e già direttice di una rivista culturale, «Il Girasole», lo contattò. Signora Spaziani, perché questo libro, dopo che su Montale è stato scritto già tanto? Perché nessuno aveva mai visto Montale da vicino. Nessuno l'aveva mai visto allegro, sorridente, paradossale. Nella mia memoria certe cose mi venivano in mente come flash e ho deciso di raccontarle per come davvero sono andate. Non è un libro sulla poesia, anche se quelle cose che Montale mi ha espresso sulla poesia sono filtrate in qualche modo in questi racconti. Del resto tra noi di poesia si parlava sempre, ma come si può fare tra amici. Avveniva tutto in modo leggero. Qual era il tuo rapporto speciale con Montale? Inizialmente non lo volevo conoscere, perché mi avevano detto che era burbero, misogino e scostante. Io adoravo Ossi di seppia e già conoscevo grandi poeti come Ungaretti, Penna, Gatto; non volevo rimanere delusa dal mio preferito. Poi lo conobbi quasi per caso ed è nato un sodalizio nel senso vero del termine, ovvero l'unione di due persone in nome di un terzo punto trigonometrico, che per noi era ovviamente a poesia. Qual è la tua prima immagine nella memoria? Se lo penso ora, lo vedo camminare, cosa che amava molto fare. Andavamo spesso al parco o nei dintorni di Milano, sempre all'aria aperta. Non era affatto antipatico o burbero. Era socievole, anche con diversi atteggiamenti da fanciullo. Era un brillante conversatore, ma di fronte agli estranei era molto timido. Come viveva la poesia Montale? Viveva molto nel passato della poesia italiana e francese e un po' anche inglese. Si dedicava poco ai contemporanei, ma gli piaceva molto Gozzano. Parlava pochissimo della sua poesia, da cui prendeva sempre le distanze. Che atteggiamento aveva verso la vita? Tendenzialmente la subiva. Non era una persona gioiosa, ma era brillante per paradosso. Gli piaceva l'umorismo, gli aforismi e tutto quello che andava contro il prevedibile. Forse l'umorismo era una sorta di autodifesa. Cosa ricordi di quella straordinaria stagione della poesia italiana del secondo Novecento? La conversazione innanzitutto, nel senso alto della parola, che si faceva a Torino, a casa mia, o di Casorati. Si viveva un ambiente letterario meraviglioso che oggi non c'è più. C'era un fermento unico e vivace. Anche nella musica, nel teatro e nel giornalismo. Oggi non si parla più e ognuno vuole soltanto far leggere le proprie poesie o tenta di raccomandarsi per premi e pubblicazioni. Allora invece si viveva la poesia in sé stessa e basta, senza necessariament e secondi fini. Che cosa direbbe per presentare Montale a un giovane di oggi? Che è sicuramente il nostro maggiore poeta del Novecento. Direi di leggersi profondamente il poemetto "Mediterraneo" in "Ossi di seppia" che è un prodigio, un capolavoro assoluto. Montale ha svecchiato la nostra lingua, senza rinnegare la tradizione ed ha portato la poesia italiana nella modernità, sia dal punto di vista linguistico che formale. Finalmente è in uscito in questi giorni - con l'introduzione di Paolo Lagazzi e le note di Giancarlo Pontiggia - il "Meridiano" Mondadori che raccoglie tutta l'opera poetica di Maria Luisa Spaziani cominciata appunto con la casa di Segrate che nel '54 le pubblicò nella prestigiosa collana «Lo Specchio» la raccolta «Le acque del Sabato». Intanto la Spaziani regala ai lettori de Il Tempo i versi inediti che pubblichiamo in questa pagina.

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