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«Creo come un pittore E in tv porto i sapori»

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Novità Lo chef e Michela Rocco da domani con un programma su La7. Alla scoperta dell'Italia

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GianfrancoVissani, oltre ad essere uno degli chef italiani più premiati e più segnalati da tutte le guide di cucina, è anche stato il primo cuoco ad approdare alla televisione, quasi 20 anni fa. Da domani però si lancia in un programma tutto nuovo – anche per lui – su La7, dal titolo «Ti ci Porto Io», insieme a Michela Rocco. Venti puntate, dalle 11 e mezza all'una e mezza di mattina, ognuna dedicata ad una regione italiana – a bordo di una 500 gialla fiammante – per raccontare prodotti tipici, sfizi, buoni cibi ma anche arte e cultura. «Noi ce la mettiamo tutta – racconta – siamo 35 in redazione, porteremo gli spettatori a scoprire bellezze e sapori del nostro Paese. Speriamo bene, io mi diverto a fare televisione». Quando andò in tv, venti anni fa, fu una novità assoluta. Come si è deciso? «Avevo già il mio ristorante a Baschi, andava bene ma la gente che veniva mi diceva "certo che stare solo qui ti sta stretto". E allora...» Ha fatto il salto. «Sì mi ricordo la prima volta in Rai con Pippo Baudo. Dovevo presentare dei tartufi e mi vergognavo come un ladro. Invece poi mi accorsi che, come si dice in gergo, bucavo il video. Insomma piacevo, la gente mi seguiva. Lo sa come mi chiamava il mio autore storico, Romano Ciriaci?» Mi dica. «Il sessantino. Perché ogni volta facevo il sessanta per cento degli ascolti». E il ristorante a Baschi non ha mai sofferto di questo suo «innamoramento» per la tv? «Assolutamente no. Io continuo a inventare piatti, ogni giorno». Ma come nasce nella mente di un cuoco una nuova preparazione? «Siamo come pittori, Renoir, Rembrandt, Monet. Il momento in cui ti nasce l'idea è un momento irripetibile. Io faccio un piatto, lo creo poi lo esegue un mio chef. A quel punto posso dare consigli – aggiungi quello, togli quest'altro – ma il piatto ormai è fatto. È come raccontare la favola di cappuccetto rosso a un bambino, quel bambino la fa sua e la racconterà a sua volta ai suoi figli perché ha sentito il "calore", l'affetto in quel racconto. Lo stesso vale per i piatti». E tanta passione come nasce? «Vengo da una famiglia dove la cucina è sempre stata al centro di tutto. La sorella di mio padre aveva un ristorante in Francia, a Nancy, mio padre era un amante della buona tavola, mia madre cucinava. Alla scuola alberghiera dissi al direttore che voleva mandarmi in sala e quindi farmi fare un corso diverso: "No, io voglio andare dove ci stanno meno libri". E quel posto era tra i fornelli. E poi a 19 anni ero già chef di cucina. Insomma si vedeva che avevo una marcia in più...». Se lo ricorda il suo primo piatto? Quello che ha amato di più? «No, li amo tutti allo stesso modo. Sono il frutto di tanti anni di lavoro, da Milano a Cortina a Venezia, all'Excelsior di Roma dove da chef feci il vero salto di qualità. Ma ancora oggi non sono tranquillo, sono un esuberante, un trascinatore». Vedremo anche Baschi nel suo programma «itinerante»? «No, c'è soltanto un saluto che faccio a mia madre. Sono due cose diverse che non voglio mescolare. E pensi che c'è tanta gente che magari mi ferma per strada perché mi ha visto in televisione ma non sa che io ho il mio ristorante lì». E da dove iniziate il viaggio? «Partiamo da Viterbo, andiamo a Civita di Bagnoreggio, visitiamo Sutri. E abbiamo anche ospiti come Paolo Crepet. Con Michela facciamo oltre 200 chilometri in macchina per raccontare il territorio, far conoscere i produttori. Insomma far capire che in quello che consumiamo a tavola dobbiamo scegliere italiano». Facile a dirsi, più difficile a farlo nella vita di tutti i giorni. Siamo invasi da prodotti che arrivano dall'estero. «Perché stiamo distruggendo il nostro territorio. Guardi ad esempio la pasta. Importiamo farina dal Canada, dalla Francia e non conosciamo i nostri produttori. Che sono rimasti in pochi perché pochi sanno che la terra va fatta riposare per avere risultati. per questo noi andremo da loro a conoscerli e a farli conoscere alla gente che ci ascolta. Ma segnaleremo anche alberghi, faremo schede tecniche su dove andare a mangiare e dormire. E ci faremo anche ospitare nelle scuole per fare scuola di cucina».

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