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di ROBERTA MARESCI Non ci resta che scrivere.

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Preferitebloggare? Sessanta giorni trascorsi tra social network e diari online, bastano per farvi sentire meno soli. Anche se il bello arriva dal sessantunesimo giorno in poi, secondo James Baker, dell'università australiana di Swinburne: getterete alle ortiche ansia e depressione, riscoprendo il buonumore. Vi trovate meglio con carta e penna? Fate come Matilde Serao, Beatrix Potter, Anna Maria Ortese, Emily Dickinson, Silvina Ocampo, Jane Austen: sei famose scrittrici che, dodicenni, appuntavano il minimo avvenimento sul loro quaderno, come si legge in «Caro diario» (Sonda, pag. 112) scritto da Patrizia Rinaldi e Nadia Terranova. Chatwin docet, Hemingway sottoscrive insieme a Sepùlveda o Louis Ferdinand Cèline, abituato a vomitarci sopra la sua rabbiosa sintassi. C'è però chi sconsiglia di mettersi a nudo perché porta a rimuginare sull'accaduto, creando un circolo vizioso in cui chi scrive rimane imbrigliato nei suoi pensieri, senza superare il trauma degli eventi narrati. Ma non ditelo agli italiani. Popolo di santi e navigatori, anche aspiranti scrittori e grafomani. Il motivo? Primo Levi, scrittore italiano del ‘900, aveva individuato nove motivazioni. Tra queste, le più importanti erano lo scrivere per impulso o bisogno, per divertire o divertirsi, per insegnare qualcosa a qualcuno o per migliorare il mondo. Anche se per Levi scrivere era l'antidoto alla psicanalisi. Comunque il diario del Duemila tiene: Smemoranda e Comix i più richiesti dai giovani, che rispolverano i quaderni con copertina rigida e dimensione A5 o blocchi ad anelli, per segnare i compiti. Poi c'è lei: la Moleskine. Non è un diario né un bloc-notes, né un'agenda. Forse è tutto questo e molto altro. Gli studenti dell'Università Ca' Foscari a Venezia ne ricevono una personalizzata. Nate da un lampo di Bruce Chatwin, lo scrittore le insabbiava con la terra rossa dell'Australia perché «perdere il passaporto era l'ultima delle preoccupazioni; perdere il mio taccuino era una catastrofe»”. Accumulatore di idee dalla copertina rigida in pelle di talpa, Oscar Wilde non se ne separava mai: «Bisogna sempre avere qualcosa di sensazionale da leggere in treno». Come il regista Paolo Virzì abituato a conservare tutte le agende dei suoi esotici viaggi pieni di disegni, caricature, ricordi, impressioni.

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