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Tutti pazzi per il Km0

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Iprodotti della cosiddetta «filiera corta» sono ormai diventati lo specchio di una società più attenta alla salvaguardia dell'ambiente. Una vera e propria filosofia di vita che sta facendo breccia nelle scelte alimentari degli italiani. Ci sono alimenti a Km0 nei distributori delle merendine di alcune scuole. I negozi con prodotti a «filiera corta» (così si definiscono quelli disponibili entro un raggio di 70Km) si moltiplicano. Crescono i punti Campagna Amica lungo le autostrade e c'è perfino un portale per conoscere i farmers market più vicini a casa propria (www.prodotti-a-km-zero.it). Ma non solo il settore alimentare attira i sostenitori del Km zero; infatti uno studio commissionato da Aqua Italia all'istituto C.R.A. dimostra che 3 italiani su 4 dichiarano di bere acqua potabile del rubinetto. E quando agli stessi intervistati è stato chiesto come si comporterebbero se negli esercizi commerciali offrissero loro acqua potabile trattata, ben il 71% ha risposto di berla già abitualmente o che la berrebbe volentieri. Consumi, sprechi, inquinamento sembrano quindi essere stati messi definitivamente al bando. Una rivoluzione che, leggendo i numeri forniti dalla Coldiretti, sembra interessare sempre più imprese agricole. Infatti, se da una parte viene stimato che nel nostro Paese l'86% delle merci viaggia su strada e che un pasto medio percorre quasi 2mila km su camion, nave o aeroplano prima di arrivare a tavola, dall'altra emerge che ci sono in Italia più di 70mila imprese agricole che contribuiscono alla vendita al dettaglio con oltre 600 mercati nati in pochi mesi. E per chi, infine, non vuole rinunciare alla filiera corta neanche quando esce a cena, ecco che nella Capitale è nata l'Associazione Ristoranti Km0 della Provincia di Roma. Idea creata da Roberto Cruciani, ristoratore (sta per riaprire con il suo Mangiafuoco a Monteverde, a Roma) che ha così raccontato i retroscena della decisione: «Con alcuni colleghi ci incontravamo dal contadino e lì ci siamo chiesti, perché non creare una specie di bollino che certifichi questa nostra scelta». Un modo per comunicare ai clienti che quello che hanno nel piatto non è pomodoro cinese o cetriolo tedesco e soprattutto che mangiare sano non è sinonimo di spendere molto. «Infatti - continua Cruciani - aumentando il livello della qualità, ci siamo accorti che non aumentavano i prezzi. Anzi, nel caso della cantina rivolgersi a produttori di vino locali comporta un risparmio del 30-40% ». Così, aggiunge, si riescono a mantenere prezzi accessibili anche per i clienti: 25-28 euro per un pasto completo. Al momento i ristoranti certificati Km0 dall'Associazione sono solo quattro (oltre a Mangiafuoco, ci sono Ragù e Romolo e Remo nella Capitale e la trattoria Era Ora ad Ardea, in provincia di Roma) anche se nel Lazio il fenomeno «mangiare a Km0» dilaga. Un esempio? Il Ristorante Bassetto della famiglia Concutelli a Ferentino (Fr), che ha scelto come specialità tutte pietanze provenienti dalla «filiera corta» ed eleggendo i «Fini Fini a Km0» (pasta fresca all'uovo, condita al sugo di carne, vitellone bianco e tartufo nero dell'Appennino Centrale) come fiore all'occhiello del proprio impegno nel tentare di ridurre le emissioni di Co2 nell'ambiente. Un dato per tutti? Un solo chilogrammo di ciliegie provenienti dall'Argentina in realtà «pesa» 16,2 Kg di Co2 emessa per trasportarle in aereo fino in Italia.

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