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Quando la memoria diventa Storia

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Unromanzo storico e di formazione, un apologo politico e poetico. «Una volta l'Argentina» (ed. Ponte alle Grazie, pagine 253, euro 16,80) del giovane 34enne Andrés Neuman affonda le radici nella stirpe variopinta della sua famiglia, arrivata da ogni parte del mondo in un Paese letteralmente costruito da milioni di immigrati. Suoi capostipiti sono il russo Jacobo, nato sotto gli zar, e René, scultore eretico che lasciò la Francia con la moglie Louise Bianche per un remoto villaggio dell'Argentina del nord. Metà personaggi di fantasia metà donne e uomini in carne e ossa, al cospetto dei suoi ascendenti, Neuman mescola tenerezza e lucidità. Il suo racconto personale diventa così quello di un Paese che è un mondo intero, con le sue mille cadute e rinascite. E di un secolo lunghissimo, il Novecento. Con delicatezza e intensità, combinando elegia, tragedia e umorismo, Neuman svela i segreti della sua genealogia reale e fantastica, in un romanzo che però è anche Storia. Dall'ultimo zar a Videla, Peròn e Evita fino a campionati del mondo di calcio, quando l'Argentina di Diego Armando Maradona vinse la coppa nel 1986. Senza dimenticare i desaparecidos che, tra il 1976 e il 1983, in Argentina, sotto il regime della Giunta militare, sono scomparsi: ben trentamila dissidenti o sospettati tali. Solo con la pubblicazione del rapporto Nunca Más, si potè ricostruire una parte degli avvenimenti e delle sorti di un certo numero di "scomparsi": molti di loro vennero rinchiusi in campi di concentramento ed in centri di detenzione clandestini, torturati ed infine assassinati segretamente, con l'occultamento delle salme in fosse comuni o gettati nell'Oceano Atlantico o nel Rio de la Plata con i cosiddetti voli della morte. Ma la storia parte da Jacobo un avo paterno del protagonista che visse nella Russia zarista: «All'epoca, accadeva spesso che i giovani di origini umili dovessero fare il servizio militare nelle steppe siberiane». E lì, Jacobo conobbe la sua futura sposa, Lidia, nata in Lituania, «era molto magra e aveva perso alcune delle sue sorelle durante i pogrom». La nonna materna del protagonista era invece la francese Blanca. Tutti si ritrovano in Argentina, dove zia Silvia (di famiglia ebraica) e Zio Peter (di origine tedesca) avevano una libreria in calle Corrientes: «Si raccontava che ogni tanto dei tizi scendevano da una Ford Falcon, entravano in libreria e si portavano via le copie di questo o quel titolo, buttando tutto all'aria. e non si limitavano a confiscare opere di Marx, Lenin e Mao, ma portavano via anche saggi sul cubismo (sospettato di simpatie con il governo di Fidel Castro) o "Il rosso e il nero" di Stendhal». E già, perché all'epoca con la letteratura c'era da lasciarci le penne! Così, alla fine, buona parte della famiglia del protagonista deciderà di trasferirsi per sempre in Spagna. Sebbene non si possa parlare di un autentico romanzo storico, Neuman non evita, anzi cerca accanitamente il confronto con la Storia. E lo fa attraverso racconti eterogenei, soffermandosi sui luoghi comuni, i ricordi dei vecchi e dei nonni. Il terzo romanzo dell'autore ispano-argentino sembra attingere a riferimenti più legati alla letteratura spagnola che a quella argentina. Ma nonostante i tanti cenni storici, la scrittura non si lascia prendere da alcun tipo di distacco sul fluire degli eventi che il narratore ha ideato, dando spazio a un racconto riflessivo intellettuale ed estetico.

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