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L'ora del Museo della Mafia

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A poco più di una settimana dalla sua inaugurazione l'esplosivo Padiglione Italia della Biennale di Venezia, curato da Vittorio Sgarbi ed allestito all'Arsenale, continua ad attirare frotte di visitatori anche in seguito al dibattito ed alle feroci critiche che lo riguardano. n realtà nessuno ha detto che nel suo complesso è una gigantesca installazione firmata Sgarbi in cui le opere degli artisti sono utilizzate come materiale. Ne viene fuori un'orgia visiva che rispecchia esattamente il carattere del vulcanico critico. Pochissimi commentatori hanno avuto il coraggio di sottolineare che in quella caotica e vitale performance creativa ci sono due momenti di alta intensità che danno forti emozioni. Il primo è senza dubbio quel geniale viaggio negli abissi e nell'orrore del male che è il Museo della Mafia di Salemi qui riadattato da Cesare Inzerillo, architetto e scenografo palermitano. Si parte dalla Sala della Cronostoria, al piano superiore si incontrano dieci cabine elettorali in cui si decide il destino politico della Sicilia: infine, la Sala dell'Abuso Edilizio. Dagli inferi si sale a rivedere le stelle con l'altro coinvolgente capitolo che rende imperdibile il Padiglione di Sgarbi: la mostra dedicata ai migliori allievi diplomatisi nelle Accademie di Belle Arti a partire dal 2000, promossa anche dal Direttore Generale del Ministero dell'Istruzione e dell'Università comparto AFAM Giorgio Bruno Civello. L'allestimento è limpido e leggibile, molte opere sono sorprendenti per vivacità e rigore creativo tanto da farci ben sperare per il futuro della nostra arte. Lo stesso Sgarbi ne è rimasto così positivamente impressionato da aver subito promosso dieci giovani artisti nel Padiglione principale.

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