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Ciclone Sgarbi fa litigare tutti

Vittorio Sgarbi

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Sgarbi sì. Sgarbi no. All'indomani della furia che si è scatenata alla Biennale d'arte di Venezia, non si placano polemiche e reazioni alle parole di fuoco pronunciate dal curatore del Padiglione Italia. Se Sgarbi ha attaccato tutto e tutti, compresi i giornalisti che hanno definito il Padiglione un «guazzabuglio» e che sono «tutti ignoranti», non è andata meglio alle Sovrintendenti ai Beni artistici, architettonici e al Polo museale di Venezia, Renata Codello e Giovanna Damiani, accusate di scarsa collaborazione. Ma se l'è presa anche con Miuccia Prada, Trussardi, Fendi e la direttrice di Vogue Italia, Franca Sozzani, colpevoli di ergersi a critici confondendo «il pensiero dell'arte con la moda». Non c'è dubbio che per Sgarbi l'arte sia anche provocazione. Ed è per questo che le opere italiane esposte a Venezia sono state scelte da intellettuali, artisti e studiosi. Tra i «padrini» favorevoli alla gestione-Sgarbi ci sono Furio Colombo, Sergio Zavoli e lo scrittore Hanif Kureishi che ha scelto la pittrice veneziana Serena Nono. «Ho cominciato a esaminare i dipinti di Serena negli ultimi anni - ha scritto Kureishi - ma ho amato la sua opera fin da quando era una studentessa a Londra...Mi ha appassionato il fatto che abbia scandagliato le profondità della spiritualità e dell'umanità che prima si trovavano proprio nel mondo astratto della pittura». Non la pensa così lo storico dell'arte Enrico Crispolti che critica l'organizzazione del Padiglione Italia. «Quest'anno la partecipazione dell'Italia è pletorica - aggiunge Crispolti - Durante il Fascismo si puntava sulla quantità ma, negli ultimi decenni, abbiamo cercato di snellire con poche presenze ma forti. Sgarbi, purtroppo, ha vizi congeniti: uno è la tv, l'altro è la demagogia culturale. È più intento a dare scandalo che altro. La Biennale è già in crisi e questo le dà il colpo di grazia». Chi, invece, crede nel sistema-Sgarbi è il regista Ermanno Olmi che ha risposto all'appello degli organizzatori scegliendo l'arte di Tino Stefanoni. «Questa è la sfida tra la raffigurazione e il suo "oltre" che Tino Stefanoni propone da più di trent'anni - spiega il regista - Così come il «Grande aereo in volo" nelle sue opere intitolate "Apparizioni". Ma se si considera l'apparizione come realtà che si rivela misteriosamente e in tutte le sue ambivalenze, quale sarà l'esito che seguirà tale condizione di sembianza e provvisorietà? Forse l'"evanescenza" che non è la traslazione dell'intento poetico nel metafisico bensì la "trascendenza" della sua stessa oggettività materica: la "poesia". Chi sostiene che non basta essere intellettuali per fare i critici d'arte è Gino Agnese. «È vera e comprovata la fama d'indifferenza verso le arti visive o d'incompetenza ostinata o d'assoluta mancanza d'occhio che accompagnò e accompagna personalità spiccate della filosofia, delle lettere, delle scienze e non parliamo della politica. Benedetto Croce aveva in casa quadri assai modesti, e quando visitava una rassegna di pittura si fermava davanti a opere scadenti o insignificanti: eppure aveva scritto l'Estetica. In realtà, molte opere e molti artisti del Padiglione Italia, Sgarbi li ha scelti lui». A buon intenditor poche parole.

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