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Viaggio nel Tesoro di San Gennaro

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diGABRIELE SIMONGINI Napoli con le tutte sue speranze riparte da San Gennaro. Non affidandosi però ai miracoli ma al recupero della propria anima migliore e più positiva. Del resto nessuna altra città al mondo si identifica così strettamente, a livello popolare, con un santo come avviene qui. E così, proprio in un momento difficile come quello attuale, la Napoli più bella, magica, sorprendente la si può scoprire in un magnifico volume e in una visita al Museo del Tesoro di San Gennaro, in via Duomo, che da sola vale un viaggio. Tutto questo è stato ben chiaro ieri, nel magnifico Teatro di Corte del Palazzo Reale di Napoli, quando è stato presentato il volume «Le dieci meraviglie del Tesoro di San Gennaro» edito dal Poligrafico dello Stato, firmato da Paolo Jorio e Franco Recanatesi, realizzato da Master 2000 Communication. In questa bellissima opera editoriale non si parla «solo» della collezione più importante al mondo artisticamente ed economicamente, capace di superare perfino quelle del tesoro reale britannico e degli zar di Russia, ma si compie un viaggio tra le bellezze e le radici di Napoli, ricostruendo un panorama storico e devozionale lungo diversi secoli. Del resto, nel Museo del Tesoro di San Gennaro, che il 7 dicembre resterà eccezionalmente aperto al pubblico fino alle 24 con percorsi teatralizzati, si fa l'esperienza di un itinerario in cui risuonano le voci dei vicoli di Napoli, una travolgente preghiera al Santo e straordinari canti sacri del seicento. Ma quali sono le dieci meraviglie di questo tesoro, cinque delle quali esposte proprio nel museo e cinque custodite nel caveau del Banco di Napoli? Sono i dieci gioielli di maggiori pregio fra le, udite udite, 21.720 opere donate al Patrono di Napoli nell'arco di sette secoli da re, papi ma anche da tanta gente comune. Perfino Napoleone, tramite suo cognato Gioacchino Murat, invece di saccheggiare capolavori e tesori come faceva dovunque donò nel 1808 uno straordinario ostensorio in argento dorato e gemme. E come non restare abbagliati davanti al collare del 1679-1879 pesante 12 chili d'oro, smeraldi, zaffiri, rubini e diamanti con pendagli donati dai Borbone, Bonaparte e dai Savoia o di fronte ad una mitra del 1713 con 3.694 pietre preziose o ancora un calice in oro zecchino donato al Santo da Papa Pio IX? Una squadra di sette fra gemmologi e storici dell'arte ha studiato per tre anni le carte d'archivio e soprattutto ogni singola pietra preziosa, in un laboratorio di fortuna allestito nel caveau del Banco di Napoli. E così i primi quattro capitoli del libro ripercorrono la storia di San Gennaro e della cappella a lui dedicata, svelando il ruolo della Deputazione, l'antica istituzione a cui nel 1527 il popolo affidò la custodia e la gestione del Tesoro per ringraziare il Santo di aver liberato la città da tre flagelli: le eruzioni del Vesuvio, il colera e la guerra franco-spagnola. Poi si affronta una appassionante ricostruzione storica degli eventi che hanno accompagnato le donazioni delle dieci meraviglie. Il volume si chiude con una minuziosa indagine gemmologica. «San Gennaro e l'immensa devozione che lo circonda – ci dice Paolo Jorio, Direttore del Museo del Tesoro del Santo – può essere il vero volano dello sviluppo del territorio e proprio per questo nella prossima primavera esporremo il Tesoro in più luoghi museali radicati nella città». Ha allora ragione Antonio Ghirelli nel presentare il volume come un'opera che «riesce a cogliere l'essenza del rapporto tra la gente di Napoli e il suo Santo Protettore, con la contestualizzazione storica dei doni e le vicende della città. Ci si è spinti oltre la storia dell'arte per rapportarsi alla storia della gente. La storia di una Capitale con vicende non sempre fortunate, ma che proprio per questo è attraversata dalla speranza. San Gennaro non protegge solo dal Vesuvio, dalle guerre e dalla peste, ma anche dallo sconforto di trovarsi sempre in situazioni drammatiche. Io non ho perso la speranza, anzi sono certo, Napoli risorgerà!». E guardando i gioielli riprodotti nel libro nutriamo fiducia anche nell'appassionante certezza di Dostoevskij: «La bellezza salverà il mondo!». E Napoli.

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