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Tra crêpes e champagne è sempre «grandeur»

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Qualcunodi loro avrà sicuramente perso la testa, nel senso non metaforico del termine, per non aver soddisfatto il palato dei Reali di turno. Anche per questo i cuochi di Francia hanno creato una cucina che miscela con sapienza il gusto più alto con la ricchezza dei terreni e delle acque dell'Esagono. Sapori aristocratici e materie eccelse. Non solo baguette dunque (comunque così buona da arrivare a casa sempre già rosicchiata per strada). Nell'oscillazione tra i due poli sta il segreto di un successo che avvicina la cucina transalpina a una chiave di elevazione mistica. Che coinvolge ogni senso. Ovvio quello del gusto. Ma che dire anche della musicalità di un maître che annuncia l'arrivo di una «Homard breton cuit au four poireaux et pommes de terre crustillants-confits» che si traduce, indubbiamente con meno appeal, in «Aragosta bretone cotta al forno con patate croccanti e candite». E sulla stessa falsariga il piacere di sentire dalla bocca di un monsieur di una brasserie parigina un «Roulé de pigeon en asperges crues». Che musica per un «Involtino di piccione con asparagi crudi». Ma di non solo olfatto, gusto e udito vive la golosità francese (pardon la gourmandise). Come dimenticare il rituale delle portate, la cura e la ricerca di combinazioni cromatiche nelle guarnizioni delle pietanze. Anche l'occhio ha la sua parte nella tavola di chef mitici come Henry Gault e Christian Millau. Che non paghi di cibi divini come il foie gras accompagnato dal muffato Sauternes o le escargot alla bourguignonne (lumache cotte con burro, aglio e prezzemolo) inventarono un nuovo modo di cucinare, appunto la nouvelle cuisine. Una palingenesi del gusto che riscopriva freschezza e qualità dei prodotti, cotture brevi e utilizzo di salse leggere a scapito delle spezie. Equazioni sofisticate per palati in cerca di sensazioni paradisiache sulle quali non manca il contraltare del liquido che nobilita e amplifica la bontà del solido: i vini, i cru e gli champagne (che innaffiano anche dozzine di ostriche). E ancora i Cognac e gli Armagnac. Anche qui bastano i nomi: Bordeaux, Borgogna e i bianchi della Loira. E poi ciliegina sulla torta: gli oltre 370 formaggi (uno per ogni giorno dell'anno citava Charles de Gaulle) che accompagnano il fine pasto. Insieme ai dessert: creme brûle, tarte tatin e île flottante. Dunque viva l'Italia ma, a tavola, anche la Francia.

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