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Quella voglia di purezza

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DallaXXXV Digressione «La sfida della castità» di GIACOMO BIFFI Premessa - Il problema primario e centrale che in ogni epoca, ma soprattutto nella nostra, la comunità dei credenti deve affrontare – e personalmente ogni singolo battezzato che non vuol rinnegare la sua rinascita “dall'acqua e dallo Spirito” (cfr. Gv 3,5) – è quello della sua piena identità cristiana; che vuol dire in sostanza della sua totale e assoluta fedeltà a Gesù di Nazaret, Unigenito del Padre, unico vero Maestro, Salvatore di tutti, Signore dell'universo, della storia e dei cuori. La “cultura” propria e prevalente del “mondo” – del “mondo” inteso come forza perenne di opposizione all'iniziativa misericordiosa del Padre e come realtà che tutta “sta in potere del Maligno” (cfr. 1 Gv 5,19) – si adopera a porre ogni ostacolo alla corretta soluzione di questo problema primario e centrale. C'è dunque tra il “fatto cristiano” e il “mondo” (nella sua accezione negativa) una molteplice incompatibilità, che non può essere sottovalutata. La presente digressione vuol farci riflettere su uno solo di questi dissidi, quello che motiva la necessità nell'autentica vita evangelica di una sfida singolare nei confronti del “mondo”: la “sfida della castità”. I – Fin dall'origine del “fatto cristiano” Quando si affaccia alla ribalta della storia – nel mondo grecoromano, dopo che nei territori dell'antico regno d'Israele – il “fatto cristiano” deve fare i conti con una concezione dell'erotismo, con una pratica della sessualità, con una regolamentazione dell'istituto matrimoniale, che sono percepite subito come estranee all'indole dell'Evangelo e anzi come stridenti con l'umanità nuova, nata dall'evento pasquale. Nella Chiesa, fin dai primi giorni, non ci furono esitazioni: s'impose dall'inizio la persuasione universale e compatta che in tale materia non fossero consentiti ambiguità o compromessi: il “popolo nuovo”, emerso dall'acqua e dallo Spirito, doveva distinguersi – oltre che per il fenomeno inaudito della carità e perfino dell'amore verso i nemici e i persecutori – anche per una forma radicale ed esigente di castità. Gli “elenchi” Lo si evince in forma immediata e incontrovertibile dagli elenchi delle trasgressioni inammissibili nell'esistenza cristiana; elenchi che con sollecitudine pastorale vengono ripetutamente proposti alle comunità dei credenti. Valga un esempio per tutti: «Non illudetevi: né immorali (pornòi), né idolatri, né adulteri (moichòi), né depravati (malakòi), né sodomiti (arsenokòitai), né ladri, né avari, né ubriaconi, né calunniatori, né rapinatori erediteranno il regno di Dio» (1 Cor 6,9-10. Vedi anche: Gal 5,19-21; Ef 5,5). Esigenza di santità Non è una sessuofobia ossessiva e neppure un moralismo esasperato a ispirare questa normativa. È piuttosto una consapevolezza senza precedenti della esigenza di santificazione, che proviene dall'aver aderito in Cristo al Dio tre volte santo. «Questa è volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dall'impurità (apò tes pornèias), che ciascuno di voi sappia trattare il proprio corpo con santità e rispetto, senza lasciarsi dominare dalla passione, come i pagani che non conoscono Dio» (1 Ts 4,3-5). E non è una visione delle cose che nasca da un eccessivo spiritualismo: qui non c'è quella diffidenza verso ciò che è materiale e corporeo, che serpeggiava nelle ideologie di matrice platonica (ma era ignota alla mentalità israelitica). Al contrario, essa si alimenta da una prospettiva tipica del cristianesimo delle origini, che ritiene il corpo una realtà non solo sacra ma addirittura strumento di santificazione, essendo “tempio dello Spirito Santo” (cfr. 1 Cor 6, 19). Si capisce come la Chiesa abbia reagito sùbito alla disistima gnostica del matrimonio (cfr. 1 Tm 4,3) e ne abbia difeso la dignità: «Il matrimonio sia rispettato da tutti e il letto nuziale sia senza macchia. I fornicatori e gli adulteri saranno giudicati da Dio» (Eb 13,4). (...) II – L'atteggiamento di Cristo L'unico Maestro e Signore Non è immaginabile che la proposta della comunità delle origini, con la sua carica di novità e di non conformismo, non si sia attenuta anche su questo punto alla perfetta consonanza col magistero di Cristo, custodito e trasmesso dalla predicazione degli apostoli. E difatti Gesù, nei suoi “loghia”, si rivela in risoluto contrasto non solo con le abitudini dei pagani, ma pur con qualche convincimento comune in Israele. La castità del cuore Egli non dubita di annoverare anche le violazioni della castità tra i comportamenti che attentano alla dignità dell'uomo e alla sua purezza interiore, precisando inoltre che la corruzione del “cuore” (cioè del mondo interiore) è la fonte e la misura della responsabilità (e quindi della colpevolezza) delle azioni perpetrate: «Dal cuore provengono propositi malvagi, omicidi, adulteri (moichèiai), impurità (pornèiai), furti, false testimonianze, calunnie. Queste sono le cose che rendono impuro l'uomo» (Mt 15,19-20). Addirittura ritiene – ed è tipico della sua antropologia – che la castità sia violata già nel segreto dell'animo quando è accolto il desiderio riprovevole, prima che ci sia la consumazione dell'atto peccaminoso: «Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso con lei adulterio nel proprio cuore» (Mt 5,28). La natura intrinseca del matrimonio In Israele era pacifica e universale la convinzione che l'unione sponsale poteva essere infranta: la stessa legge mosaica prevedeva l'istituto del “ripudio” della moglie da parte del marito. La discussione tra i rabbini riguardava solo la ragione sufficiente a legittimarlo. Gesù viene esplicitamente interrogato su questa questione, e la sua risposta è un colpo d'ala: bisogna rifarsi al disegno originario di Dio, che ha valore perenne: «Dall'inizio della creazione “li fece maschio e femmina; per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola” (cfr. Gen 1,27; 2,24). Così non sono più due, ma una sola carne. L'uomo dunque non divida quello che Dio ha congiunto» (Mc 10,6-9). (...) Conclusione L'ideologia oggi dominante ritiene l'attività sessuale un “assoluto” che non sopporta né regolamentazioni né finalità; che non ha ragion d'essere oltre il suo stesso esercizio; che spiega tutto il comportamento umano e non riceve illuminazione da niente che esista fuori di essa. Ma questa è oggettivamente una menzogna. Talvolta abbiamo perfino l'impressione che la società dei nostri giorni sia stata conquistata da un'accolta di maniaci sessuali, che impongono a tutti le loro ossessioni, le loro consuetudini sempre ripetitive, i loro stucchevoli riti. A tutto ciò non ci si può rassegnare. Ma il rimedio non starà nel ricercare un'assurda mediazione tra l'ideale del Vangelo e le aberrazioni del “mondo”. L'umanità nella quale ci è toccato di vivere aspetta dalla “nazione santa” solo una sfida: la sfida appunto della castità. La prima misericordia di cui tutti abbiamo sempre bisogno è la luce impietosa e rasserenante della verità.

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