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Valeriona total star come Anita
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diANTONIO ANGELI «Voglio fare la produttrice, ma non per sentirmi accettata sul serio. Non è un rivincita verso chi mi vede solo come show girl, magari svampita. Io metto cuore e passione in quel che faccio e mi piace che le cosa vadano bene»: Valeria Marini è calata sul Festival di Roma come una ventata di energia. Con il suo film «I Want to Be a Soldier» si è presentata nel doppio ruolo di attrice e produttrice. E subito il Festival le è andato stretto: dopo la conferenza stampa all'Auditorium si è spostata a Fontana di Trevi, dove si è offerta ai fotografi come una «diva totale», in stile Anita Ekberg. Ieri pomeriggio, davanti al Fontanone, ogni suo gesto, ogni saluto è stato ricambiato da caldissimi applausi di romani e turisti, mentre scattavano a raffica i flash dei paparazzi. Il classico lancio della monetina è stato accolto da calorosi complimenti: «Bella Valeriona». La Marini è solare ed esplosiva: «Sono un tipo che si adopera perché le cose avvengano, non sto ad aspettare che mi arrivino addosso. La produzione è la mia nuova passione: io sono una grande lavoratrice e un'altrettanto grande sognatrice». E così al Festival ha portato nella sezione «Alice nella città», quella dedicata ai bambini, la sua prima fatica, una coproduzione con la Spagna: «I Want to Be a Soldier», diretto da Christian Molina. Un grande film, ben scritto e ben girato, che parla della dipendenza dei bambini dalla tv. Nel cast anche un paio di star Usa di prima grandezza: Danny Glover (quello di Arma letale) e Robert Englund (l'originale protagonista di Nightmare). «Cercavo un progetto da produrre, mi piaceva l'idea di crescere, cimentarmi in una nuova esperienza. Così quando mi è stato proposto il film, che era in fase di sceneggiatura, mi è piaciuto e ho deciso di provare. È stato bello andare sul set non solo come attrice, ma come produttrice occupandomi di tutto». «La scuola, gli insegnanti e la famiglia devono creare protezione - ha aggiunto la Marini - devono essere un punto di riferimento per i ragazzi. Il mio non è un film contro la televisione, ma un film contro i genitori che non controllano, che non filtrano e non comunicano con i propri figli, lasciandoli in balia di tutta la violenza che si vede in tv e su Internet. Bisogna preparare i ragazzi a distinguere fra realtà e finzione. Non è il direttore generale di un palinsesto che deve educare i ragazzi».
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