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Da Grace ai Tullianos

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Il matrimonio tra Grace Kelly e il principe Ranieri di Monaco

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Come siamo caduti in basso vecchia mia. Povera Montecarlo, sedotta e abbandonata, si direbbe. Da mesi quotidiani e tv te la sbattono in prima pagina per una storia che di reale e fantastico ha davvero poco anzi, niente. È il segno dei tempi che cambiano. In peggio. Povera Montecarlo, inghiottita e divorata dalle polemiche sulla casa dei «Tullianos». Roba da far rivoltare nella tomba Grace Kelly, una delle più belle e affascinanti attrici che la storia del cinema possa ricordare, capace di aggiudicarsi la nomination all'Oscar quale miglior attrice non protagonista nel '53 (la pellicola presentata era Mogambo) al fianco di Ava Gardner e Clark Gable. Montecarlo ha un fascino tutto particolare. Se la conosci la ami. La stessa cosa l'ha pensata anche Giancarlo Tulliani: l'ha conosciuta e se ne è innamorato pazzamente, alla faccia di una storia che un tempo vedeva passeggiare per Rue Grimaldi, il fior fiore del jet set e della cultura. Perché era Montecarlo il centro di un universo culturale conosciuto in tutto il mondo. Faletti ambientò in Costa Azzurra «Io uccido». Quella telefonata che sembrava senza senso raccolta da un dj di RMC, uno sconosciuto al telefono che diceva di essere un assassino. Ma non si trattò di uno scherzo di pessimo gusto, perché il morto anzi, i morti, ci sono stati, un pilota di Formula uno e la sua compagna. Il via ad una serie di delitti irrisolti. Ma solo nel libro perché Montecarlo è paciosa, tranquilla come i suoi abitanti che se ne fregano del vicino, che non vogliono avere noie pur nelle loro cordialità. A Montecarlo, tanto per restare in tema di libri, chiuse gli occhi Carlo Cassola che, tra gli altri, scrisse «La ragazza di Bube», reso ancora più popolare da un film interpretato da Claudia Cardinale. E il cinema? Vogliamo parlarne. Montecarlo ha ispirato e continua ad ispirare registi e produttori. Quante pellicole sullo sfondo del Casinò. E se è difficile ricordare la bellissima Audrey Hepburn in «Vacanze a Montecarlo», datato 1951, non si fatica poi troppo a ricordare i vari James Bond che nel casinò più rinomato del mondo, hanno fatto le loro fortune. «Casinò Royale», «GoldenEye» e «Mai dire mai», sullo sfondo di un tavolo verde che appassiona e che suona sempre da irriducibile richiamo, una leggenda con una passione unica, quella di vincere, di sbancare, di portarsi a casa tanti di quei soldi che si fa fatica a nominarli. Piazza del Casinò è uno dei luoghi più frequentati del Principato, dove non conta la bellezza, ma la classe, il prestigio di potersi sedere, almeno per una sera, davanti al tavolo verde. Per molti, non per tutti, non certo per i monegaschi. Dino Risi vi girò «Montecarlo» di Sam Taylor, prodotto dalla Titanus e gira e rigira, sempre il casinò di mezzo. E tanto altro ancora nella storia del Principato. Ma con un unico comun denominatore: arte, cultura, spettacolo. Non certo pettegolezzo. Montecarlo è città timida, come una bella donna, semplice e riservata, che ha paura di voltare l'angolo, ma alla quale non resta indifferente quel barlume di felicità che la vita, d'improvviso, gli ha riservato. Montecarlo ama se stessa, quasi metodica. Pensate un po' se può gradire l'idea di finire in pasto ai giornalisti per Tulliani e per quella casa di cui conosciamo ormai ogni minimo particolare. n inquilino scomodo, Tulliani, che di colpo ha azzerato la riservatezza monegasca che non riesce a comprendere il peso di certe attenzioni. I monegaschi non possono, non riescono a capire: sono regali anche nelle cose semplici, sono regali i suoi abitanti, è regale e ricco di fascino il Principato che non può far altro che interrogarsi. Noi patria del jet set, della cultura, adesso teatro di una storia che non appartiene alla nostra cultura. Perché da Grace a Tulliani, il passo non è certo breve. Anzi, non c'è proprio passo, c'è solo l'abisso.  

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