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I profeti del vago relativismo

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«Leteorie generali sono ovunque disprezzate; la dottrina dei Diritti dell'Uomo è ignorata al pari della dottrina della Caduta dell'Uomo. Oggi lo stesso ateismo è troppo teologico per noi. La stessa rivoluzione è troppo organizzata e la stessa libertà è troppo restrittiva". Figuratevi che quando Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) lo scrisse in quel libro che volle intitolare seccamente «Eretici» (trad. it. Lindau, Torino, con note aggiuntive di Marco Sermarini, presidente della Società Chestertoniana Italiana) era il 1905, mica ieri pomeriggio, anzi persino qualche tempo prima, visto che i testi di cui si compone quel suo vademecum di "pensiero sano", ora opportunamente e finalmente tradotto in italiano, eranno precedentemente comparsi sulle pagine del Daily News. Il libro è certamente una prova ben riuscita di critica letteraria e di polemica filosofica. Ma in esso c'è molto di più. C'è che l'intero nostro mondo culturale non va; un mondo, il nostro, completamente sbagliato nel suo pensare l'esistente sempre come sbagliato, fuori dai ranghi nel voler essere per forza fuori dai ranghi, eccentrico nel suo esagerare costantemente con l'eccentricità e però paradossalmente poi incapace di generare persino dei grandi "cattivi". A leggerlo bene «Eretici» è un manualetto di pensiero reazionario che non può non incomodare. Se la prende infatti con l'impianto di fondo di quel pensiero sempreverde che si sloga le mandibole nel gareggiare a chi si dice prima e più forte "progressista", "democratico" e persino, appunto, eretico; la parola giusta sarebbe ora anticonformista, ma è lo stesso, lo scrittore e saggista inglese sarebbe d'accordo. Epperò, scrive Chesterton, non ci sono più gli anticonformisti di una volta, uomini veri. Dirsi anticonformisti è ora invece di moda, pop, glamour, anzitutto perché equivale a dirsi nulla, si rimane sprofondati nella poltrona, non fa sudare. Gli "anti" del nostro tempo sono infatti i più intruppati, abbaiano al comando della voce del padrone, chiunque esso sia. Perché? Perché tutto ormai è relativo tranne la relatività di tutto. "La regola d'oro è che non esistono regole d'oro", diceva Shaw con parole che Chesterton mette in apertura di libro, chiosandole così: «In arte, in politica, in letteratura non facciamo che discutere di dettagli. L'opinione di un uomo sui tram è importante, su Botticelli è importante; la sua opinione sul tutto è irrilevante». Oggi l'eretico non si batte più per la sua verità, si dibatte fra le altrui falsità. E, avendo abbattuto ogni criterio etico e ogni norma morale, soffoca fra mille regolamenti moralistici. Il vuoto pneumatico che c'inghiotte e la melassa appiccicaticcia che tutto copre tolgono spazio vitale tanto al santo quanto al bandito, figurarsi alla loro singolare tenzone. "È difficile raggiungere un ideale nobile; di conseguenza, è quasi impossibile convincerci di averlo raggiunto. Ma è facile raggiungere un ideale modesto; di conseguenza, è più facile convincerci di averlo raggiunto quando in realtà non è affatto così". Per questo, sentenzia programmaticamente Chesterton, "ho deciso (...) di ricominciare dai fondamentali. Ecco l'idea generale del presente libro, in cui mi ripropongo di trattare i miei più illustri contemporanei non sul piano personale o in modo puramente letterario, ma in relazione alle reali dottrine che essi insegnano. Quel che mi interessa del signor Rudyard Kipling non è la sua figura di brillante artista o la sua esuberante personalità, ma il suo essere Eretico, ossia un uomo la cui visione delle cose ha l'ardire di differire dalla mia. Quel che mi interessa del signor Bernard Shaw non è il fatto che sia uno degli uomini più geniali e onesti che esistano, ma il suo essere Eretico, ossia un uomo la cui filosofia è molto valida, molto coerente e molto sbagliata. Riprendo i metodi dottrinali del XIII secolo, mosso dalla vaga speranza di scoprire qualcosa". Era il 1905. Chesterton previde lucidamente la lombaggine del "pensiero debole", la sciatalgia del "pensiero molle", la sciatica del "pensiero poco". "I moderni cercano, sotto ogni forma e sembianza, un mondo privo di limitazioni, ossia un mondo privo di contorni, un mondo privo di forme. Non vi è nulla di più vile di tale infinità. Dicono di voler essere forti come l'universo, ma in realtà vorrebbero che l'intero universo fosse debole come loro". Come li chiamiamo maestri così se non profeti?

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