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A Napoli bastano i santi

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Un'indaginecondotta nell'estate del 2008 dal quotidiano della Confindustria accertò non solo che la Campania occupava l'ultimo posto nella graduatoria delle regioni italiane per l'arretratezza di infrastrutture e servizi, ma che Napoli si collocava nella posizione peggiore all'interno della sua regione. Sull'accertamento pesavano fattori contingenti come quella che fu definita con qualche esagerazione la tragedia dei rifiuti nonché la brutale impennata nel costo della vita, ma per l'essenziale purtroppo il dato era e rimane esatto. Né il fenomeno è nuovo, visto che per secoli in realtà (salvo rarissime parentesi) ha condizionato la sorte e gli umori dei napoletani, sorte e umori che, come sempre, hanno finito per tradursi in un motto amaro e insieme arguto: «Ccà, chi more fa 'n affare!». Non è, ovviamente, che i figli del golfo abbiano davvero fretta di concludere il discutibile affare, ma la fatica di cercare un'alternativa è tanto logorante per la grande maggioranza della popolazione che vien fatto di chiedersi come faccia a riuscirvi e cioè, sia pur avventurosamente, a sopravvivere. La prima spiegazione è suggerita da una foto di Mimmo Jodice che correda un saggio dedicato da Roberto De Simone al Venerdì santo: due popolani incappucciati con un saio bianco sovrastato da una testa di morto tengono in bella mostra un cartello sul quale campeggia la scritta «Uniti in Dio per sopravvivere». Appunto. Del resto è abbastanza naturale che la prima difesa contro la disperazione sia stata e in buona parte continui a essere cercata nella fede (...). Il ruolo dominante del sentimento religioso nella psicologia popolare è confermato anche dalla frequenza delle edicole sacre agli angoli delle strade e dei vicolià, dedicate per la maggior parte alla Madonna, a Gesù, ai santi Vincenzo, Antonio e Anna, o alle «anime del Purgatorio». Poiché la città conta su sette santi patroni principali e otto ausiliari, come spiega il maestro D'Orta (l'autore del fortunatissimo «Io speriamo che me la cavo»), quali antidoto alle non infrequenti calamità che hanno afflitto e affliggono Napoli: in tutto, 41 eruzioni del Vesuvio fino al 1984, 20 terremoti, 10 epidemie, 6 carestie, nonché nubifragi, fenomeni di bradisismo e altri inconvenienti, che spiegano l'abbondanza delle edicole sacre anche come espressione di gratitudine degli scampati. È una consuetudine che potrebbe risalire alla tradizione greco-romana ed essersi accentuata dopo l'VIII secolo (...). Né si può escludere che i nuovi cristiani abbiano attribuito ai santi le virtù già riconosciute agli dei pagani. Il rapporto dei napoletani con l'aldilà assume caratteristiche ancor più originali verso la metà del XVI secolo, allorché il Concilio di Trento elabora una definizione dogmatica del Purgatorio, «luogo o sito» nel quale le anime dei morti responsabili di peccati veniali o gravati da una pena per sole colpe morali, si purificano per guadagnare il Paradiso (...). Questo sollievo si traduce, in dialetto, in un'invocazione al Signore di accelerare la beatitudine di quelle anime: «Frisco all'aneme d'o Priatorio!» (...). Alle preghiere, naturalmente, si aggiungono i voti, le penitenze, le messe in suffragio (...). Un altro pilastro della sopravvivenza è la superstizione, nelle varie forme del fascinum latino, nel terrore della jettatura e del malocchio, nella interpretazione dei sogni secondo la «smorfia» (salvacondotto per vincere al lotto), nella mania degli altri giochi e delle scommesse, oggi soprattutto in materia calcistica. È un atteggiamento che nasce, probabilmente, dalla diffusa e salda convinzione dei napoletani che «forze misteriose e oscure regolino la nostra esistenza» e che, secondo il già citato maestro D'Orta e l'impareggiabile Domenico Rea, «da queste forze derivi l'ultimo spicchio di fantasia concesso agli uomini». (...). I testi classici introducono una distinzione fondamentale tra jettatura e malocchio. Il malocchio è dettato da invidia o da vecchi rancori, quindi risulta consapevole da parte dell'emittente e circoscritto a un preciso rapporto interpersonale. La jettatura, invece, è almeno inizialmente inconsapevole nel senso che il latore non si rende conto della propria perniciosa influenza (...). Credendo fermamente nella jettatura, anche quando affermano, come Croce e Eduardo, «non è vero ma ci credo», i napoletani e più in generale i meridionali (basti pensare alla Patente di Pirandello), sempre per sopravvivere, hanno elaborato un meccanismo difensivo che ha radici sessuali, visto che tanto il corno di corallo quanto il ferro di cavallo o i testicoli da toccare tre volte rimandano tutti al fallo maschile. (...) Sempre in tema di sopravvivenza, i figli del golfo hanno sviluppato una passione divorante per il gioco del lotto e le scommesse, collegando la scelta dei numeri da giocare a determinati avvenimenti esterni ma soprattutto ai sogni, per l'interpretazione dei quali si ricorre da tempo immemorabile molto prima di Freud alla Smorfia, aureo libretto in cui a ogni evento o «figura» corrisponde un numero della secolare tabella da 1 a 90. Beninteso, l'elenco dei personaggi e degli avvenimenti viene aggiornato di edizione in edizione, perché ovviamente una catastrofe come quella dei rifiuti nel 2008-2009 o un prodigio come il Maradona dei due scudetti 1987-90 non possono essere assolutamente ignorati.

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