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La Manon eroina del '700 sposa la musica di Massenet

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Alcontrario della omonima opera pucciniana, così vibrante di accenti umani, la partitura massenettiana non ha mai goduto di estrema popolarità in Italia. Ora torna all'Opera (sette recite dal 17 al 24 giugno) in una edizione di pregio realizzata in coproduzione con l'Opera di Monte Carlo e firmata registicamente da Jean Louis Grinda (scene di Paola Moro e costumi di Anna Biagiotti), musicalmente da Alain Guingal ed interpretata sulla scena da Annick Massis (Manon), Massimo Giordano (Des Grieux) e Domenico Balzani (Lescaut) per lo più debuttanti nel rispettivo ruolo. A valorizzare la produzione, non museale ma nel solco di una tradizione innovativa è il regista Grinda. «È un'opera inizialmente intima .- racconta - ma che richiede poi l'impegno di tutte le forze del teatro: cinque atti che vedono sfilare 400 costumi diversi ed un doppio cast dì eccezione. La musica di Massenet è quasi perfetta e si sposa a meraviglia con il racconto di Prévost, che esplicita interamente, come Boito con Goethe nel Mefistofele. Ho cercato di realizzare un allestimento il più poetico possibile. Per un uomo è difficile capire chi sia Manon: una donna piccolo borghese che lascia il suo primo amore in cerca di ricchezza e fortuna. L'importante per lei è sopravvivere. Non può sopportare una vita monotona. È una donna leggera che solo alla fine capisce cos'è l'amore, redimendosi, ma quando lo scopre è troppo tardi». Aggiunge dettagli la scenografa Paola Moro: «In scena c'è sempre uno specchio. Il tema dominante è la caducità e la ciclicità della vita (l'opera comincia e finisce in una locanda). Molti sono i riferimenti a pittori d'epoca da Fragonard a Lorrain. Ma l'opera vive anche del dualismo tra erotismo e misticismo, tra fango e oro (la perdita dei valori e la ricerca della ricchezza). In scena ci sono anche riferimenti alle architetture neoclassiche del teatro di Monte Carlo».

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