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Con l'iPad anche leggere è meglio

L'Apple iPad

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Libro? No, e-book. Carta? Non più: piattaforme digitali in Rete, fisse o mobili. Diritto d'autore? Spazio piuttosto al copyleft. Queste le angosce di scrittori e editori dinanzi a e-books scaricabili su Google Books o Europeana - tesoro del sapere universale con libri, giornali, documenti d'archivio - enciclopedie sostituite da Wikipedia, il Kindle di Amazon, anche applicazione per iPhone, così come "Wattpad", "Stanza", libri come Bibbia, Costituzione, Codice Civile, o audiolibri quali "The Lost Symbol" di Dan Brown. Il tutto acquisibile e leggibile ovunque. Da ieri, negli USA, l'iPad. Accolto al grido "iPad is Here", ha nell'App Store il Kindle e il suo competitor: iBooks, "the Kindle-killer". "Potrai comprare qualsiasi cosa dall'iBookstore - spiega Apple - dai classici ai besteller". Cosa resterà di questo "libro di carta"? È il viale del tramonto, con nubi come quelle sul cielo dei media tradizionali? O questo futuro porterà futuro e linfa nuova al settore? "È una rivoluzione immensa", spiega l'editore Alberto Castelvecchi. "Un tempo chi la criticava lo chiamavo conservatore. Oggi per me o è ignorante o stupido. Gli editori devono estrarre profitto dalla creatività". Innovazione è la parola chiave. Se sapere è ricchezza, e ricchezza oggi è solo nella condivisione, il sapere - il patrimonio di idee e conoscenza di ognuno - è e si moltiplica solo nella condivisione stessa, nelle infinite connessioni della Rete, e sempre più a livello mobile. "Da tempo i fondatori di Google Larry Page e Sergey Brin, nella loro digitalizzazione di libri, hanno messo a disposizione di tutti il patrimonio dell'umanità", continua Castelvecchi. "In Rete trovo testi irreperibili: grammatiche tamil dell'800, classici Sufi o del periodo d'oro di Baghdad. A guadagnarci è la cultura: più è diffusa, più aumenta l'emozione nel trovarla". I palmari "potenziano questo destino, ineluttabile ma meraviglioso: ovunque sono, leggo ciò che voglio. E sempre più libri nascono online per la diffusione online: certi bestseller giapponesi, scritti e diffusi via smartphone, solo poi arrivano su carta". L'"economia della conoscenza" si fa "economia collegata" e trova la ricchezza del sapere nel dialogo senza barriere dei nuovi mobile social media. "Ancora per un po' si cercherà la carta per un impatto emotivo: un Saviano, un King sono "oggetto fisico da possedere". Ma tra 20 anni finirà al macero. E non è un male. Si deforesta meno". "E-book? Mi ricordano le carrozze: si diceva che non sarebbero durate, invece...", dice la scrittrice Sveva Casati. "Io però il libro lo adoro come oggetto da tenere fra le mani, per assaporarlo. Le nuove tecnologie non le amo, ma invaderanno il mercato. Spero solo che accada quando io non ci sarò più". Meno pessimista Francesco Carofiglio, autore di "Ritorno nella valle degli angeli": "Il nuovo mi incuriosisce. Temerlo significa non conoscerlo. Ma, come i social network, anche un e-book può avvicinare virtualmente e allontanare nella realtà: portando meno nelle librerie, dove io andrò sempre. Adoro essere risucchiato dalla carta". Eppure, in questo "sapere aumentato" che solo la condivisione in Rete e wireless dà, i lettori 2.0 non sono che il mondo "reale": la differenza col "virtuale" scompare. "Nulla in contrario infatti al fenomeno. È uno strumento: basta saperlo usare bene". "Quel che conta sono le idee, non il supporto", spiega Corrado Ocone, saggista e responsabile Luiss University Press. "Oggi c'è una modalità in più per diffondere la cultura, che non sostituisce le precedenti. I libri di Croce? Certo che li vedrei per iPad: mai cancellerebbero gli originali cartacei". "Saremo sempre più circondati dalla scrittura", incalza il filosofo Maurizio Ferraris, autore di "Documentalità". "In treno le persone non si getteranno più come tossicodipendenti su giornali abbandonati. Il rischio però è che a voler scrivere e registrare tutto, a voler lasciare troppe "tracce", non se ne lasci alcuna". Critico anche Stefano Zecchi: "Spesso nella storia, quando aumenta la scientificità, si torna indietro. L'iPad, come l'iPod, nasce da esigenze non di comunicazione, ma di mercato. Fa tendenza: un abito alla moda senza cui sei out. Me se già nei giornali i giovani vedono un passatempo per pensionati, lo stesso può accadere coi libri". Eppure proprio l'iPad sembra l'exit strategy per far apprezzare strumenti di arricchimento culturale anche ai palati meno fini. Parlano lo stesso linguaggio: "gratis" o "economico", accessibile da chiunque e ovunque, libero, democratico, pacifico. Internet, "patrimonio dell'umanità", se ben usato diffonde viralmente il "patrimonio dell'umanità": la cultura. "È un ritorno alla tradizione", conferma Castelvecchi: "la trasposizione tecnologica di San Tommaso. L'ipertesto l'ha inventato la Scholastica, con le note, i "link" a fianco, testo e paratesto. Così su iPad, mentre leggo un libro, cliccherò e otterrò direttamente foto, filmati". Bisogna che tutto cambi, perché tutto resti come prima. Ma stavolta, forse, in meglio.

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