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Beata lussuria, quel peccatuccio che solletica tutti

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Ne ha rovinati pochi la lussuria: la storia dell'umanità sembra un elenco di potenti e popolani, uomini e donne, giovanissimi e vecchietti che si sono inguaiati per quel... peccatuccio. Da Adamo ed Eva (e sì, perché dietro la storia della mela si cela sicuramente qualcosa di lussurioso) a Giulio Cesare (chiamato il marito di tutte le romane e la moglie di tutti i romani) non c'è nessuno, ma proprio nessuno che non abbia passato un brutto quarto d'ora per questioni, chiamiamole, di cuore. Quello che l'intera umanità si chiede è a chi sia venuta in mente l'idea di inserire l'inclinazione ai rapporti dominati dalla carnalità tra le cose che sarebbe meglio non fare. Questa domanda se l'è posta Cleopatra e non s'è mai data una risposta. Se l'è fatta, per ben sei volte, Enrico VIII, che, alla fine, ha preferito spezzare in due l'Europa piuttosto che accettare suggerimenti che non gli garbavano. Insomma qui c'è da decidersi: la lussuria è un basso istinto da reprimere o un segno di buona salute? È roba da rogo o il passatempo delle menti colte? È peccato capitale o un segno distintivo di indipendenza e libertà? Cerca di dare una risposta a queste domande, propendendo un po', sembra, per la seconda ipotesi, il filosofo Giulio Giorello, con «Lussuria - La passione della conoscenza», edito da Il Mulino, 200 pagine, 15 euro. La copertina del bel volumetto sfoggia una gamba di donna, con calza a mezza coscia e reggicalze, così, tanto per ricordarci che la parola «lussuria» è femminile. E non è un caso. In una foresta di citazioni, richiami e accostamenti emerge la tesi del saggio: la lussuria è una manifestazione di energia, di potenza e, infine, di amore per la vita. Tra i personaggi che appaiono nel libro alcuni decisamente insospettabili, tra questi Dante Alighieri che al Peccato Capitale dedica un girone del suo Inferno. E Giorello non perdona. Dante sarà stato pure un censore, politico raffinato promotore della teoria dei due soli, ma di lussuria se ne intendeva. E di certi argomenti non si può dibattere in modo puramente teorico. E così associati al reato di Lussuria, a ben guardare, non ci sono solo quelle persone predestinate, re e regine pagani, professioniste del sesso e avventurieri, ma anche personaggi un po'... fuori dal giro. Ma non per questo innocenti. Dal libro di Giorello emergono i nomi di De Sade e Don Giovanni (ovvio), ma anche quello di Giacomo Leopardi, poeta inebriato dal profumo della natura e dal contrasto tra la grandezza e la miseria del genere umano. E tra una pagina e l'altra troviamo anche Alessandro il Macedone (uno che si dedicò non poco alla lussuria, ma, con grande abilità, non se ne fece mai inguaiare) e poi Mozart, Goethe, Sigmund Freud: un elenco del telefono di personaggi famosi che, in un modo o nell'altro, per poco o per tutta la vita inciamparono nella lussuria. E da questo si arriva ad un concetto rivoluzionario: una lussuria casta. Perché se questa benedetta lussuria è un atto del pensiero, cioè nella sfera della filosofia, va oltre il peso della carne. Insomma la lussuria può anche essere un esercizio del pensiero, mentre il corpo resta a guardare.

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