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A Sanremo c'è Costanzo

Maurizio Costanzo

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«Una volta Tognazzi mi disse: "Prova a guardare Sanremo togliendo l'audio della tv. È uno spettacolo straordinario". E aveva ragione». Caro Costanzo, stavolta non potrà farlo. La Rai e Antonella Clerici l'hanno ingaggiata per condurre il question time del Festival, e per partecipare alla serata finale. «Per quanto appaia incredibile, in cinquant'anni di carriera è la mia prima volta all'Ariston. Ci andai una volta per realizzare il Costanzo Show in trasferta. Era l'87: vinsero Tozzi, Morandi e Ruggeri con "Si può dare di più". Non ci diedero il permesso di entrare in teatro». Ma lei si industriò. «Realizzai il programma dalla hall di un albergo: portavo il cappuccino ai cantanti, svegliandoli nelle loro stanze. Li intervistavo andando in giro con loro in una limousine». Potrebbe essere un'idea ancora valida. «In effetti, ora che ci penso...». Ha già deciso cosa farà sul palco con la Clerici? «Assolutamente no. Il contatto con l'organizzazione risale a una settimana fa. Farò quel che mi verrà chiesto. Antonella non ama una co-conduzione: vuole ospiti, trovate. Con me può stare tranquilla: tra noi c'è un rapporto di amicizia sin da quando ero direttore di Canale 5». Saltato Greggio, la signora preme ancora per Bonolis e Fiorello. «Fa bene. La vedo più semplice con Paolo».  Parentesi gossip. Sa cosa ha confessato Antonella in un'intervista? «Mi devo preoccupare?». Che il suo modello di riferimento erotico è la Sandrelli della "Chiave". «Ecco». Maurizio, il suo nuovo libro si intitola "La strategia della tartaruga". Appropriatamente, vista la storia di Sanremo. «Perché?». Perché approda al Festival un anno dopo Maria De Filippi. «Già, è bizzarro. Maria era molto emozionata, all'idea di scendere quella scala. Ci sentimmo spesso, durante la diretta. Io andrò a fare il mio mestiere, me la caverò davanti alle vostre domande». Di sua moglie ha detto: "Maria in Rai? Perché no? È ancora giovane. Mai dire mai e Maria non dice mai mai". «Lo confermo. Può fare bene ovunque. Ora è legata a Mediaset. Se si ferma lei, rischiano di mandare in onda il monoscopio». Però intanto a Viale Mazzini è tornato lei, Costanzo. Con due format per Raiuno come autore. «Uno è in corso d'opera. Si chiama "Non c'è futuro senza passato", lo condurrà Enrico Vaime. È un programma con materiale raro d'archivio, pescato nelle teche Rai. E di interviste ai protagonisti della tv degli anni migliori. Una, per dire, è ad Antonello Falqui».  L'altro format? «Una sorta di talent show che dovrebbe vedere la luce alla fine del 2010». Che dovrebbe essere legato al mondo delle eccellenze artistiche: i conservatori, le accademie di danza, il teatro. «Se lo dice lei, sarà così».  Poi c'è un progetto Magnolia che la vedrebbe in video. «Però non sto premendo per affrettare i tempi. Di sicuro non sarà un programma di cucina né un talk show».  Non la lasceranno in panchina per un anno. «Quando e come non lo so, ma mi piacerebbe condurre un "Bontà loro 2"». Torniamo a Sanremo. Via i vecchi big. «Ricambio generazionale. Giusto. Ma se lo dico mi frego da solo». Il cast dei cantanti? «Sono anziano: parecchi non ne conosco, giuro». Ma conoscerà Emanuele Filiberto. «Dai, apriamo gli occhi. Al Festival c'è sempre stato bisogno di due ingredienti: una polemica e una proposta eccentrica. È la liturgia televisiva che lo impone». Il principe dice: "l'umiltà sarà la mia bussola in questa avventura, so di non essere un cantante". «Umile e astuto. Cascasse il mondo, io il rampollo e Pupo che fanno un inno all'Italia non me li perdo». Povia con il pezzo su Eluana? «Dissentivo dalla sua teoria dell'anno scorso, con il gay che si redime. L'omosessualità non è una malattia dalla quale guarire. Quanto alla Englaro, io ho avuto spesso ospite al Parioli il padre Beppino. Ho grande rispetto per lui. Su un tema lacerante come l'eutanasia il Paese può discutere, dividersi, ma senza innalzare barricate». Ma se ne deve proprio parlare a Sanremo? «Non dico che le canzoni debbano avere doveri sociali, ma anche "Vola colomba" celebrava Trento e Trieste. Temi che sono nel dna del Festival». La sua canzone favorita in 60 anni di Sanremo? «Quelle del tempo in cui lo seguivo. "Papaveri e papere", "Vecchio scarpone". Ho scritto canzoni, ma come autore non ho mai partecipato. Ho sempre difeso Sanremo: se lo guardano 18 milioni di italiani qualcosa di buono ci sarà. Anche ad alto volume».

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