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L'urlo del nulla

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L'associazioneComunicazione Perbene, impegnata a favore di mass-media più attenti alle esigenze degli spettatori e soprattutto dei minori, ha diffuso i risultati di un suo studio da cui emerge che - facendo zapping tra i vari canali - ogni giorno è possibile registrare 38 ore di scene di litigi, strida e intolleranze varie. Colpisce, in particolare, che l'aggressività prevalga soprattutto nei telegiornali e nei programmi di approfondimento politico, in cui i contrasti tra questa o questa fazione sono una perpetua occasione per sceneggiate da cortile: a detrimento di quel che resta della civiltà del Paese. Gli insulti e le risse verbali, insomma, dominano l'informazione televisiva, sempre che ancora la si voglia chiamare così, e questo è il segno di un imbarbarimento che ha ragioni ben chiare. Da tempo, infatti, il confronto delle idee in merito a questioni concrete e possibili riforme (si pensi al debito pubblico, ormai pericolosamente alto) è quasi assente, dato che la voglia di semplificare le situazioni più complesse e il desiderio di trovare una bandiera quale che sia (riconoscendo i propri "amici" e i propri "nemici") hanno posto le premesse per contrasti tanto duri nella forma quanto insignificanti nella sostanza. Questa Italia del Palazzo che bisticcia in continuazione, dividendosi tra sostenitori del Cav e suoi spregiatori, non è poco così differenziata in ciò che interessa davvero a noi. Gli alfieri di una parte e dell'altra hanno pulsioni molto simili e ideali che non è facile distinguere. Tanto è vero che la scena politica di questi ultimi quindici anni, che ha visto alternarsi centro-destra e centro-sinistra, è stata segnata da una sostanziale continuità (di cui certo non ci si può rallegrare) nelle scelte cruciali, e questo nonostante i frequenti cambi di maggioranza. La sensazione è che le urla e gli strepiti siano funzionali a coprire il vuoto delle idee e l'insignificanza delle diversità. L'avvicendamento dei lottizzatori di destra e di sinistra, tanto somiglianti nella determinazione a spartirsi posti e centri di potere, deve essere in qualche modo giustificato: e così ci si fa credere che la lotta sia dura, che ci si batta contro i "mafiosi" oppure contro i "comunisti", e che la battaglia debba essere condotta fino in fondo. Se abbassassero i toni, i nostri cari urlatori della politica nostrana mostrerebbero fino in fondo la nullità delle loro idee. Apparirebbe chiaro che sono tutti statalisti per inerzia, in quanto appassionati cultori della greppia di Stato.

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