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E alla Sapienza scompaiono il Duce e il re

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Si va dalle sedi istituzionali alle dimore nei rioni. Si scolpiscono sulle facciate motti augurali di prosperità, ma si strizza l'occhio alla solidità della costruzione, che fa gioco nella Roma palazzinara di Otto e Novecento, quella del generone e degli affari legati al mattone. C'è tanto costume, e tanta storia, nel libro «Le facciate parlanti». Così sull'architrave bianco-littorio dell'ingresso della «Sapienza» è scritto «L'antica università di Roma, che per tante generazioni fiorì di grande gloria, nell'anno 1935 fu trasferita in questa sede degna della magnificenza di Roma». Ma l'iscrizione originale era: «Durante il regno di Vittorio Emanuele III e il governo di Benito Mussolini, l'antica università di Roma...»: insomma, l'esito della damnatio memoriae, la stessa che ha cancellato i fasci da tanti edifici. Meglio puntare sui pregi edilizi, allora. «Una casa ben fatta resta eterna nella grandissima città» è il vanto su un palazzone condominiale in via dei Volsci 104, tirato su nel 1930. Che rimane saldo e imponente. L'iscrizione-slogan funziona.

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