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"Baarìa", grande film in corsa per gli Oscar

Luca Barbareschi

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{{IMG_SX}} In primis, c'è il riconoscimento all'artista e finalmente l'Italia sceglie un film molto bello e stilisticamente curato. E poi c'è il riconoscimento industriale: dobbiamo convincerci che solo con pellicole di grosso budget possiamo entrare in competizione con altri film. C'è anche una bel cast di attori italiani e lo dico con grande invidia (ma quella buona come il colesterolo), perché avrei voluto anch'io essere della partita. Ho lavorato con diversi attori, ora nel cast di «Baarìa», come Nicole Grimaudo che debuttò con me a teatro nell'«Amadeus» di Polanski. Beppe Fiorello ha lavorato con me ne «Il bambino della domenica» ed è bravissimo. Spero che Mario Cotone, produttore esecutivo di «Baarìa», prenda questa notizia come un'iniezione di benessere e abbia il suo meritato successo, dopo un momento in cui non è stato troppo bene in salute. Sono contento che l'Anica e l'Italia abbiano optato per un'opera rappresentativa nei contenuti e nella tradizione. Il dialetto non è un problema. Anche Allen nella sua ultima commedia fa recitare la protagonista nel tipico slang del Tennessee. Il dialetto racconta dei sapori. «L'albero degli zoccoli» di Olmi non era certo un manifesto contro la Lega e l'Unità d'Italia. Un grande film si porta sempre dietro anche film più piccoli. Successo porta successo. Tornatore è un artista che mette una cura maniacale nelle sue opere. Una decina d'anni fa lavorai con lui in uno spot a favore del cinema: ero vestito da nazista, Boldi da Frankenstein e Quartullo da cow-boy.

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