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«Baarìa», l'affresco siciliano di un'epopea

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Èun'epopea, che mantiene i climi epici anche quando i tanti personaggi fatti emergere in primo piano dalle fitte schiere di un coro sono persone comuni, seguite dagli anni Trenta agli Ottanta in quella Bagheria che, da chi la abita, in dialetto siciliano viene chiamata Baarìa. All'inizio Cicco, un pecoraro che lotta con la miseria e, nei momenti più accesi, con i soprusi dei fascisti. Presto però spazzati via dalla conclusione della guerra, presentandoci allora suo figlio Peppino, un giovane ardimentoso che finisce per pretendere tute le occasioni in cui ormai la vicenda consiste. Molte private: un amore prima contrastato poi concluso da nozze perigliose presto coronate da varia prole; molte pubbliche perché, avendo aderito al Partito comunista, ha scontri con avversari politici, deve far fronte a situazioni difficili, specie dai Sessanta agli Ottanta e, dopo aver combattuto gli agrari e la mafia, si vede costretto a misurarsi anche con quelli che hanno avuto fiducia in lui e ora incontrano difficoltà d'ogni genere soprattutto se vi si oppongono le istituzioni. In un finale elaborato il presente abbraccia il futuro, ricollegandosi al passato. Con citazioni di grandi voci della cultura siciliana recente. Tornatore ha fuso il privato con il pubblico dando spazi simili all'individuo e al coro. Con immagini in cui la realtà si fa pittura, con figure, al centro, che si propongono con esattezza, fra il dramma e l'ironia. Mentre dei ritmi ariosi, con echi di canto, le portano avanti con logiche serrate, grazie anche alle musiche splendide di Ennio Morricone. Eguale perfezione negli interpreti. Il protagonista, Francesco Scianna, pur noto in teatro, al cinema e in Tv, qui ha un volto nuovo, con espressività originali. Al suo esordio, invece, la modella catanese Margareth Madé, che però gli si adegua. Attorno, generosamente anche in parti di fianco, nomi notissimi del nostro cinema. Per rendere omaggio a Tornatore e al suo film.

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