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Il piede di Dio

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Con la fine di agosto tornano nelle sale i nuovi film e la Casa del Cinema si riaffolla di nuovo di attori e registi. Ieri è stata la volta di un'opera prima, «Piede di Dio», da venerdì nella sale distribuito da Achab Film e Bunker Lab. A dirigerlo, il critico e saggista Luigi Sardiello che ha realizzato una storia da lui stesso scritta. Alla presentazione, oltre al regista, c'erano il protagonista della pellicola, Emilio Solfrizzi, con gli ex campioni di calcio Luca Marchegiani e Alberto Di Chiara. «Il titolo si ispira chiaramente al soprannome di Diego Armando Maradona, che invocò la «Mano di Dio" per giustificare un suo famoso gol, segnato fallosamente ma accettato dall'arbitro - ha spiegato il regista -. Il "piede di Dio" nel mio film è invece quello di Elia (Filippo Puccillo), un moderno Candido, talento prezioso quanto fragile nello spietato sottobosco del mercato dei calciatori. A guidarlo, come un Virgilio contemporaneo, appare Michele (Emilio Solfrizzi) che lo accompagnerà nella scoperta del mondo degli adulti. Elia rappresenta un puer divinus, mentre qualsiasi riferimento a Cassano è puramente involontario, anche se Cassano è un talento straordinario con un grosso problema di crescita dovuto al suo background familiare ». Michele è un 40enne solitario ed esibizionista, timido e romantico, ex calciatore almeno nell'animo, perché frenato nelle sue ambizioni da un grave incidente. Piegato dalle disillusioni, da un amore senza speranza e da una vita senza soldi, si adatta a a fare il manager di provincia. E così, nella periferia della sua Puglia scopre il calcio potente di Elia, un fenonemo rimasto però prigioniero della sua infanzia, in seguito all'abbandono del padre che si è rifatto un'altra famiglia. Michele convince la madre (Rosaria Russo) ed Elia a fare un viaggio della speranza a bordo di una scalcinata utilitaria, un percorso che alla fine cambierà a sorpresa il destino dei tre protagonisti. Da parte sua, Solfrizzi ha raccontato «quanto sia stato importante il calcio nella formazione della mia personalità: oggi i modelli per i ragazzi sono molto diversi da quelli della mia generazione. E, anche nel calcio, come in molti altri ambienti, purtroppo, una raccomandazione può contare quanto o più del talento».

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