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Una statua dedicata a Mafalda

Mafalda

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Vestita di verde, seduta da sola su una panchina: è la statua, alta poco meno di un metro, che Buenos Aires dedica a Mafalda, mito del fumetto argentino. Come riporta il quotidano argentino La Nacion, a pochi metri di distanza una targa con scritto "Qui si sedette Mafalda" onorerà un'anonima palazzina in una strada del quartiere bonaerense di San Telmo, uno dei luoghi che ispirò il disegnatore Joaquìn Lavado, in arte "Quino", nella creazione del suo personaggio più famoso, speso ritratto seduto sul bordo degli scalini dell'atrio. La statua, fissata alla panchina, non avrà alcuna protezione in modo da permettere alla gente di interagire con il personaggio, come spiega lo scultore Pablo Irrgang: ma, fabbricata in vetroresina con i colori integrati nel materiale, sarà a prova di vandali. La proposta era stata avanzata da un gruppo di bloggers nel 2005 con una raccolta di firme on-line e convertita in legge l'anno successivo dal Parlamento regionale. Una curiosità: Mafalda, argentina doc, viveva in via Cile (per la precisione al numero 371, in uno degli stabili dove risedette anche il suo autore). Quino creò il suo personaggio nel 1964, come striscia pubblicitaria per una marca di elettrodomestici (che iniziava per M, di qui il nome): di lei si sa che il suo amore per i Beatles è inversamente proporzionale a quello per la minestra, che da grande vuole fare l'interprete all'Onu per evitare guerre e che nutre una cordiale antipatia nei confronti di Fidel Castro (anche se furono i cubani a trasformare Mafalda in un cartone animato, con l'autorizzazione dell'autore). Il cast del fumetto era completato dalla famiglia - i genitori, dei quali viene rivelato solo il nome della madre, Raquel, e il fratellino Guille - e dai compagni di scuola e amici del quartiere: il sognatore Felipe, l'antifemminista Susanita, l'avido Manolito figlio di immigrati spagnoli, come lo stesso Quino, Miguelito (che ha un nonno italiano) e Libertad, ancora più contestataria di Mafalda. Quino decise tuttavia di porre fine alle pubblicazioni dopo pochi anni, anche per la mutata situazione politica del Paese che portò alla dittatura militare del 1973: nello stesso anno uscirono alcuni disegni su incarico dell'Unicef.  

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