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"Ho capito di essere famoso quando ho visto i soldi"

Ennio Morricone

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Quando si parla con Ennio Morricone si fa fatica a non distrarsi. E non per scarsa attenzione ma perché davanti agli occhi scorrono le immagini di decine di capolavori del cinema italiano e non, divenuti immortali anche grazie alle sue memorabili colonne sonore. Ieri sera il Maestro era alla Casa del Cinema di Roma dove è stato inaugurato l'omaggio che proseguirà fino a settembre. Maestro Morricone, cosa pensa dell'ennesimo omaggio tributato alla sua arte? «Mi piace pensare che, oltre a me, sia un omaggio a tutto il cinema italiano. Nel programma ci sono film di 27 registi di grande talento che hanno attraversato gli ultimi cinquant'anni di cinema». Come sta oggi il cinema italiano? «Sta bene. Nonostante siano in molti a essere preoccupati, io non lo sono affatto. In Italia abbiamo registi di grande talento come Sorrentino, Garrone e Tornatore. Quello che manca sono i soldi».  Negli ultimi giorni si è parlato molto dei tagli al Fondo unico per lo spettacolo. Che idea si è fatto? «Che è una vergogna per il nostro Paese. Chi sta al governo, di qualunque colore sia, taglia sullo spettacolo pensando che lì ci siano meno elettori. Gli artisti dovrebbero essere più compatti, così da evitare che gli altri se ne approfittino». Un capitolo importante dell'omaggio alla Casa del Cinema sarà dedicato ai film di Sergio Leone. Su cosa si basava la vostra affinità elettiva? «Sergio dava grande spazio alla musica. Nel suo cinema immagini e note riuscivano ad avere esattamente la stessa natura temporale. Entrambe le forme d'arte hanno bisogno di un certo tempo per essere apprezzate e con lui tutto questo raggiungeva la perfezione». Tra lei e Leone non ci sono mai stati disaccordi? «Mi raccontava per filo e per segno quello che aveva in mente, inquadratura per inquadratura. La mia idea musicale nasceva così. Si lavorava gomito a gomito. Raramente non apprezzava le mie idee e, quando capitava, arrivava sua moglie Carla e lo convinceva che andava bene così». Qual è stato il punto di svolta della sua carriera? «Quando mi sono reso conto che con il mio lavoro potevo mantenere la mia famiglia. Le assicuro che non è avvenuto molti anni fa. C'è stato un periodo in cui temevo che il lavoro non arrivasse. Poi ho capito che i miei cari potevano contare su di me per la sussistenza». Qual è la sua colonna sonora alla quale si sente più legato? «Ce ne sono due che sono state certamente le più sfortunate: quella di "Un tranquillo posto di campagna" di Elio Petri e quella composta per "Un uomo a metà" di Vittorio De Seta. Quei due film sono andati malissimo». Oggi pensa mai a chi potrebbe essere il suo erede artistico? «La parola erede non mi piace granché perché penso che ognuno segua la propria strada. Ci sono, però, compositori per il cinema di sicuro talento come Piovani, Bacalov, Piersanti e Crivelli». L'imminente riforma della scuola prevede l'istituzione di una sorta di liceo musicale. È favorevole? «In teoria sì ma quello che manca sono gli insegnanti. Non ci sono persone in grado di insegnare la storia e trasmettere la passione per la musica. Servono professionisti all'altezza che non si possono improvvisare in poco tempo». A cosa sta lavorando in questi giorni? «Stiamo ultimando il missaggio di "Ricordate Anna Frank?", film di Alberto Negrin che forse uscirà a ottobre. Poi prenderò due mesi di pausa. Ho lavorato tantissimo negli ultimi tempi e ho bisogno di un po' di riposo».

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